Una raccolta di punti di vista
Su “Il punto di vista del sole” di Marzia Grillo
di Giulia Eusebi / 5 ottobre 2022
La raccolta di racconti Il punto di vista del sole nasce dalla penna di Marzia Grillo (Giulio Perrone Editore, 2022) e si colloca sugli scaffali delle librerie in qualità di “integratore letterario”. Viene da chiedersi quale strambo presidio medico sia mai questo, e occorre quindi rispolverare la sopita educazione impartita dalle case farmaceutiche, che hanno sempre sottolineato la necessità di leggere attentamente il foglietto illustrativo.
Ed è proprio da lì che bisogna partire una volta che si ha per le mani Il punto di vista del sole, dal suo piccolo bugiardino, infilato tra la copertina e la prima pagina del libro e che inizia così: «Il punto di vista del sole® Integratore alimentare e letterario a base di Bificarecterium (147mila) Lactoparolbacillus (24mila) e Vitamina D. Diversi fattori come l’abuso di social, l’abitudine alla lettura veloce, gli stati di stress letterario e una cattiva digestione possono alterare il normale equilibrio della flora batterica, con conseguenti problemi intellettuali, dolori cervicali e perdita di riferimenti metatestuali. Il PDVDS contiene una combinazione di bacilli e bifidus tali da riportare l’equilibrio nella mente, confortare l’immaginazione, favorire la concentrazione e riattivare le cellule nervose».
Il bugiardino ovviamente prosegue indicando modalità di assunzione ed eventuali controindicazioni, ma ormai il patto con il proprio lettore-paziente è stato fatto, la fiducia è stata riposta e non resta che estrarre dal blister il primo racconto-pastiglia.
Sono tredici i racconti che Marzia Grillo ha raggruppato, tredici racconti differenti tra loro per stile, forma ed epoca in cui sono stati scritti. Alcuni sono racconti inediti, altri hanno visto una prima pubblicazione su riviste – come accaduto al racconto eponimo, apparso già nel 2015 su «effe» #3 –, e ora si legano assieme per dare vita a quello che a tutti gli effetti è l’esordio letterario di Grillo.
Dopo anni passati a prendersi cura dei libri degli altri in qualità di redattrice e editor, con Il punto di vista del sole Grillo rompe gli indugi e compie una scelta che non è semplice né banale: affidare le proprie parole a mani – estranee ma altrettanto amorevoli – in grado di filtrare la materia da lei creata per affidarla al lettore. Il rovesciamento di prospettiva così messo in atto ha offerto a Grillo la libertà di dar luogo a un personale esperimento letterario: scoprire cosa può accadere prendendo racconti nati singolarmente, da esigenze differenti, talvolta creati per stare di fianco a racconti di altri autori – come nel caso di quelli pubblicati sulle riviste –, e unirli a racconti scritti appositamente per incastonarsi in mezzo a questo materiale preesistente.
Racconti scritti in differenti momenti dell’esistenza della stessa autrice, che ora si stringono vicini, si accendono uno dopo l’altro, per dare vita a una narrazione dalla consistenza eterea, a volte onirica e surreale, caratterizzata da un costante cambio di punti di vista.
Si parte con una gita al lago dove troviamo un lui perennemente concentrato nel chiedere la recalcitrante mano di lei, e poi ci si trova, tra le tante situazioni, a leggere un epistolario telematico unidirezionale che assume la veste di diario intimo, a ragionare sull’equazione equivalente tra case e madri, a imparare a barare a un campionato di backgammon, ad ascoltare la voce di un Doppelgänger che dall’interno guida le mosse di un’ignara – e un po’ brilla – spettatrice di un premio letterario, financo a guardare composti le immagini della caduta del regime di Ceaușescu che passano in televisione durante una cena di famiglia.
Ciascun racconto restituisce in modo chiaro l’amore di Grillo per questa forma letteraria, per la profonda libertà e plasticità che essa offre allo scrittore: la possibilità di avere voci e ritmi differenti, punti di vista differenti – che sia quello onnisciente del sole o quello in prima persona di una figlia, di una sorella o di una madre –, e differenti tipologie di scrittura che spaziano dalla narrazione pura, come nel racconto “Odissea”, al lirismo di “Arrivederci”, fino ad arrivare al noi distopico di “Macchina”.
C’è differenza, però, tra leggere un racconto preso nella sua singolarità e leggere lo stesso racconto collocato in un punto ben preciso all’interno di una raccolta. Se il racconto è una cellula, la raccolta è un tessuto. Allora, l’estrema premura di Grillo nel generare le proprie cellule narrative ora si amplia e accetta la sfida di aumentare di volume, affinché ogni racconto possa beneficiare della presenza delle altre storie collocate accanto, divenendo un organismo unico.
A differenza di un romanzo, che trova il suo baricentro in una fruizione lineare da parte del lettore, una raccolta di racconti può avvalersi di un approccio di lettura multiforme: si può procedere leggendo i racconti in ordine, ma nulla vieta di progredire saltando a piacimento da una storia all’altra; si può leggere in maniera immersiva senza curarsi troppo del quadro d’insieme, oppure deliziarsi a scovare i riferimenti tra un racconto e un altro, dando vita a personalissimi riti di ricerca metatestuale.
E molto più spesso di quanto accade con un romanzo, si può tornare sui propri passi e rileggere un racconto.
Un racconto letto una seconda volta, si sa, potrebbe non restituirci la stessa luce e gli stessi pensieri; anzi, la probabilità che questo avvenga sfiora la soglia della certezza. E sebbene si possa pensare banalmente che questo accada perché si è modificato il lettore che lo fruisce, in realtà val la pena fissare l’attenzione su un altro assunto e ovvero che un racconto – scomodando Whitman – contiene in sé moltitudini.
Proprio su queste moltitudini gioca Marzia Grillo con la sua raccolta, soprattutto nei suoi racconti più lirici, quelli in cui il surreale si mescola al reale creando una commistione di piani e una conseguente stratificazione di significati, come nel racconto “Matrioska”, dove una casa diventa una madre: «Ecco cos’erano le case: madri. E le matrioske: continenti, paesi, città e appartamenti di legno, stanze ammobiliate di madri».
Jorge Luis Borges, in Il filo della favola, afferma che «il nostro meraviglioso compito è immaginare che esistano un labirinto e un filo. Non rintracceremo mai il filo; forse lo incontriamo e lo perdiamo in un atto di fede, una cadenza, nel sogno, nelle parole che si chiamano filosofia o nella pura e semplice felicità».
Anche nella raccolta Il punto di vista del sole, Grillo ha immaginato un filo che lega i racconti; a volte sembra visibile, a volte ha il sapore di una vaga reminiscenza. Di certo l’autrice non dichiara il percorso da compiere nel labirinto di stanze da lei disegnato, il lettore quindi potrà scegliere la strada che ritiene più opportuna, ampliando così il ventaglio dei possibili universi narrativi, le moltitudini che albergano all’interno del libro.
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