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“2084” di Boualem Sansal e “Sottomissione” di Michel Houellebecq a confronto

Due narrazioni di un imminente futuro?

di Alessio Belli / 27 ottobre

E se ci fossimo noi al loro posto? Cosa sceglieremmo, come ci muoveremmo? Se fossimo noi François di Sottomissione (Bompiani, 2015) ci convertiremmo all’Islam per garantire, anzi, alzare il livello del nostro stile di vita? Se fossimo Ati di 2084 (Neri Pozza, 2015) andremmo oltre i confini del nostro pan-stato per scoprire se esiste qualcosa di diverso dall’Abistan e cosa fanno davvero gli Infedeli?

Scrivevo quest’articolo e cercavo le risposte, univo le trame e paragonavo i romanzi e le annesse vicende. La prima conclusione a cui sono giunto è che Sottomissione di Michel Houellebecq e 2084 di Boualem Sansal non sono due romanzi rivali, le due facce della stessa medaglia: uno è il seguito dell’altro.

In Sottomissione (ambientato nel 2022) abbiamo François, avvilito professore della Sorbona IV profondamente legato all’opera di Huysmans, costretto a fare i conti con l’avvento politico della Fratellanza Musulmana. Il partito, battendo alle elezioni la Le Pen, grazie a un accordo con i socialisti, nomina come capo del governo Mohammed Ben Abbes. Inizia così la sottomissione francese. Ma sia chiaro: non c’è violenza, non c’è Isis, non ci sono stragi e sangue. Houellebecq ci racconta di come il paese accetti e inizi a prendere atto del cambiamento e dell’annessa conversione.

In 2084 abbiamo l’Abistan, un impero esteso quasi quanto il globo, in cui l’unico Dio venerato si chiama Yölah e Abi è il suo profeta. Sappiamo che c’è stata una lunghissima guerra inumana e devastante ma ora l’Ordine è ristabilito, il passato cancellato e tutti venerano – chissà perché – il 2084. È in quell’anno che è iniziato il conflitto? È la data di nascita di Abi o è quando Abi è stato illuminato da Yölah? Nessuno – almeno all’interno dell’Abistan – conosce la risposta.

Ecco: e se la Francia di Houellebecq sfociasse nel mondo di Sansal? Se in nome di un dio o di una religione un popolo cercasse di prevaricare inesorabilmente l’altro, dando vita al peggiore dei totalitarismi?

2084 apparentemente è lontano da noi: il racconto è in terza persona, il narratore onnisciente e Sansal imposta l’opera come una narrazione persa tra le polveri delle ere. L’avvertenza iniziale è ironica e minacciosa allo stesso tempo e la divisione del romanzo in vari libri, ognuno con la sua introduzione, ci fa apparire il tutto come un reperto storico, quasi un ciclo biblico, una vicenda tratta da un arcano testo sacro. Abbiamo delle coordinate ma poi tutto il resto è sfumato, pericolosamente indefinito e qui il lettore inizia a porsi le prime cruciali domande: dove siamo? Siamo sicuri che sia un paese del Medio Oriente? Chi è che comanda davvero? Nonostante l’Islam e Allah non vengano mai nominati, Samsal ha ammesso di aver preso spunto dall’attuale e quotidiana situazione algerina.

Tutto l’opposto del solito Houellebecq. Poche pagine e siamo immersi tra le angosce del protagonista e i suoi pensieri sono anche i nostri. Siamo con lui e sappiamo cosa lo circonda: il culto e l’ammirazione per Huysmans (che si convertì al cattolicesimo in vecchiaia), il piattume sterile della sua carriera universitaria e sentimentale e la piega degli eventi in Francia. Se con Sansal si è trasportati poco a poco in un mondo lontano (sicuri?), con Houellebecq si è schiantati immediatamente nel turbinio degli eventi.

Cosa accomuna allora maggiormente i due romanzi? Le riflessioni sull’Islam, sulle ipotetiche conseguenze della sua espansione in Occidente e delle eventuali modalità di scontro.

Eppure nei due libri non c’è uno scontro diretto, una guerra nel senso stretto del termine, un impatto fisico, una collisione brutale e tragica. In Sottomissione c’è una normale scelta democratica espressa tramite il voto e in 2084 la guerra c’è già stata, appartiene al passato. Allora qual è il vero scontro? Noi (io), come affronteremmo tutto ciò? Posso dirvi come lo vivono i due protagonisti: se François ci appare sempre più oppresso e segnato dagli eventi, Abi ci appare molto più uomo d’azione e fautore del suo destino. François reagisce ai sismi politici con la fuga (prima della conversione); Abi fa l’opposto: dopo la drammatica convalescenza-prigione, la sua progressiva guarigione sia nel corpo che nell’anima, lo vediamo reagire prepotentemente contro il proprio destino. Affronta rischi, cerca risposte alle domande: chi sono questi Infedeli? Cosa succede oltre i confini? Davvero chi ci comanda è così affidabile? Ma soprattutto cosa significa quella scritta, Bigaye (che si legge Big Eye)? L’unico modo per saperlo è di andare incontro al pericolo, oltre un abisso che nessuno ha mai voluto scorgere. Non vi dico altro per non raccontarvi troppo.

Posso dirvi però come la penso io, cosa mi hanno lasciato questi due romanzi. Houellebecq avrà pure un talento innato nel farsi odiare e attirare su di sé le luci sbagliate, ma leggere la sua prosa è ambrosia e se si ama la vera letteratura Sottomissione appagherà non poco il lettore, soprattutto in alcuni dialoghi indimenticabili, come quello in cui si capisce il senso e il motivo del titolo dell’opera. Il pregio di Sottomissione lo ha centrato in pieno quell’altro peso massimo della letteratura francese e mondiale, Carrère: «Profetico non perché predice il futuro, ma perché enuncia una verità sul presente». Esattamente.

Sansal invece è più classico nel comunicare e istituzionale nel narrare anche perché la sua testimonianza è estremamente legata a episodi della sua vita: lo scrittore è stato fino al 2003 impiegato nel Ministero dell’Industria Algerino, ma poi i suoi scritti hanno generato parecchio rumore e Sansal è stato costretto a espatriare.

Chi è il più pessimista tra i due? Houellebecq piazza la sua distopia a qualche anno da noi ma non è così tragico, anzi: dimostra come la dote che ha garantito la sopravvivenza della razza umana sia l’adattamento. Sansal invece è cosmico, totale e il suo 2084 è in parte “attivo” già oggi: l’Abistan è il Mondo, la lingua è una sola e non esiste nulla all’infuori di tutto ciò. Se alcune delle pagine più belle di Sottomissione sono gli scambi di battute e di principi tra François e i suoi colleghi universitari, in 2084 è ancora più entusiasmante vedere Ati cercare il confronto, la ricerca dell’altro, qualcosa di diverso. François, oltre a Huysmans, non ha verità assolute, mentre Ati che è obbligato ad averne una, ne cerca altre, disperatamente.

 

(Boualem Sansal, 2084, trad. di M. Botto, Neri Pozza, 2015, pp. 256, euro 17)