“XY” di Sandro Veronesi

di / 26 novembre 2010

XY, il nuovo romanzo di Sandro Veronesi, si svolge nel piccolo borgo di San Giuda, sulle montagne del Trentino. Il paesino conta appena 42 abitanti ma nonostante lassù non si capti né il segnale del cellulare né quello della tv o di internet, nessuno sembra davvero intenzionato ad andare via, tranne chi vi è costretto dalle necessità della vita. A San Giuda, non il traditore, l’Iscariota, ma il Giuda Taddeo, tutti si aiutano l’un l’altro e don Ermete è la loro guida spirituale, rispettato perché capace persino di realizzare il compito più difficile, quello di far rinascere l’amore verso il santo patrono, protettore dei disperati.
Questo piccolo borgo è una sorta di buco nero, un luogo fuori dal tempo dove è ancora possibile fare una gita sulla slitta di Beppe Formento trainata da due cavalli possenti, Zorro e Melinda, facendo tappa dinanzi ad un maestoso albero ghiacciato. Un piccolo miracolo, peraltro totalmente frutto dell’ingegno umano, che difficilmente i turisti riusciranno a dimenticare.
Ma un giorno l’idillio si rompe. La slitta ritorna in paese trainata dal solo Zorro e sotto l’albero – lugubremente tinto di rosso sangue – coperti da una coltre di neve, vengono trovati ben undici corpi. Undici corpi e undici differenti cause di morte: dal cancro alle sevizie, dall’impiccagione alla decapitazione, dal plurimo espianto di organi sino al decesso per un morso di squalo. L’unica a mancare dall’elenco dei turisti è una bambina, considerata scomparsa. Uno spiraglio di luce o un’altra morte macabra?
Immediatamente, visto l’incredibilità dell’accaduto, si decide di porre il segreto di Stato e le morti vengono “uniformate”. Tutti i cadaveri vengono decapitati, sui media si lancia l’allarme radioattività e si parla di un attacco attribuito al terrorismo islamico. Il bosco intero, infine, viene posto sotto sequestro. Tutto per cercare di capire e tenere lontani i media e la morbosa curiosità: ma quanto può reggere una menzogna di tale proporzioni che coinvolge persino individui di diversa nazionalità? E con ciò Veronesi mette in mostra tutta la sua disistima verso l’ingerenza delle autorità sulla nostra vita al solo fine di manipolare i media e la realtà per incuterci paura.
Don Ermete vacilla comprensibilmente e quando vorrebbe tornare a guidare il suo ovile, ai suoi fedeli, lo scopre vuoto. Nessuno vuole tornare in chiesa e tensioni a lungo sopite negli anni, improvvisamente, esplodono con violenza. “Perché noi?”, si domandano tutti gli abitanti di San Giuda. “Perché questa punizione?”, si domanda Don Ermete mentre il borgo viene, infine, invaso dai media. Ed è a questo punto che Veronesi descrive, senza pietà, quegli stessi sciacalli armati di telecamere e microfono che imperversavano ieri a Cogne e oggi ad Avetrana.
Ma in XY c’è anche una protagonista femminile, Giovanna Gassion, una giovane psichiatra che crede di essere afflitta dalla sindrome di Bezuchov. Per lei San Giuda e la sua assurda strage sono l’occasione perfetta sia per cercare di fare carriera che per lasciarsi definitivamente alle spalle Alberto e il suo passato da ex-sciatrice professionista.
X e Y – le coordinate del piano cartesiano, i cromosomi maschili e femminili, le due incognite per eccellenza – per Veronesi testimoniano l’eterna lotta fra fede e ragione perché tanto Don Ermete che Giovanna vogliono davvero capire cosa sia realmente accaduto e ciascuno, in questa battaglia, ricorre a ciò in cui crede: religione contro scienza. Accanto alla ricerca della verità, Veronesi sceglie saggiamente di concedere a Giovanna dei flashback e soprattutto dei dialoghi con la propria madre, fra l’ossessivo e l’esilarante: un’ottima via di fuga per venir schiacciati da un libro che anche dopo averlo chiuso continuerà a restarvi nella mente.
XY è diviso in tre parti: la prima risulta impeccabile per scrittura e uso della suspense; la seconda si concentra sulle teorie psicologiche – talvolta didascaliche – di Giovanna (peraltro consultabili sul sito http://www.x-y.it/) e sui molti legami di sangue che animano diatribe e conflitti laceranti nel borgo; la terza, infine, segnerà una pace armata inevitabile e alla fine, grazie ad un deus ex machina, giungerà la parola fine. Del resto, lo stesso Veronesi, nella prefazione, confessa che solo dopo aver visto A Serious Man per la seconda volta e controvoglia, ha compreso come poteva concludere questa storia. Ovviamente toccherà al lettore trovare la “sua” risposta.

Il volume, il primo della serie Fandango Extra, è completato dal racconto di Arrigo Boito, L’Alfiere Nero, pubblicato nel 1867. La decisione di accostare questo racconto al romanzo di Veronesi è davvero azzeccata poiché L’Alfiere Nero, incentrato sul mondo degli scacchi – da sempre caro alla letteratura – è perfetta metafora della contrapposizione di due mondi: bianchi contro neri. Proprio l’alfiere nero, pedina rotta e rattoppata, sarà al centro della partita dal finale tragico fra il campione Giorgio Anderssen e il “negro” Tom.


 

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