“L’uomo che odiava i martedì” di Håkan Nesser
di Giulio Giandoso / 27 luglio 2011
Si dice “bello e tiepido come un amante svedese”. Tre coppie di amici, due morti sospette, un terribile segreto. Molti terribili segreti, a dir la verità, ma non è questo a essere profondamente inquietante, quanto la pacata, tranquilla diversità dei protagonisti. Che si tratti di condurre un'indagine o andare a funghi nei boschi o organizzare una gita in un ridente paradiso socialista, ne L'uomo che odiava i martedì, di Håkan Nesser, tutto appare alieno, prodotto da una società diversa anni luce dalla nostra, in cui già 35 anni fa gli studenti ricevevano prestiti dallo stato per studiare teologia e oggi tutti pagano le bollette via internet. Rapido e facile. È questo a rendere così allucinante il romanzo, non il fatto che il luogo del suicidio – o delitto, e quanti delitti sono? mica ve lo vengo a dire – si chiami Gȧsastupan, e l'azione si svolga tra Uppsala, Goteborg eSkȧne. È tutto comodo, rapido, facile. Questi ragazzi biondissimi non sono come noi che leggiamo. A parte che leggono in lingua straniera e girano per l'Europa negli anni ‘70 come se ci fosse Ryanair, ma tutto nel loro comportamento appare velato da una sorta di malinconica tranquillità: anche un omicidio che nasconde un orribile segreto che nasconde un omicidio che nasconde un altro orribile segreto. O forse era un suicidio? Fatto sta che nessuno fa una piega, mai. Tutto sembra pacato e ragionevole, anche se due fidanzati vengono trovati in fondo allo stesso burrone a 35 anni di distanza. Mica succede tutti i giorni in Valpadana: i burroni scarseggiano. Che ci sia qualcosa sotto? E il geniale e comprensivo (e innamorato e credente, le ha tutte) ispettore, nonché padre di famiglia esemplare, sembra sospettare qualcosa. Solo che probabilmente nella terra dei biondi Johanssen il fatto che sia bruno e di cognome faccia Barbarotti sembra terribilmente esotico e affascinante – ma esiste il cognome Barbarotti o hanno messo insieme Barbarossa e Pavarotti? -. Fatto sta che con le sue uscite tipo «l'amore ha bisogno di manutenzione» le svedesi lo adorano. Inclusa sua moglie: lei sembra capire il suo carattere. Anche i figli adolescenti sembrano capire (e da quando in qua si può ragionare con i figli adolescenti? Con me non si poteva mica, mentre in Svezia è normale che due 40enni facciano convivere i 5 figli dei precedenti matrimoni, in cordiale armonia) perfino gli amanti abbandonati o chi ha subito un grosso trauma, o i suicidi. O forse erano vittime? Difficile dirlo. E normale che, in queste condizioni, indagare possa essere una noia mortale. Ma il libro non annoia: è evidente che ad annoiarsi è la polizia svedese, che si pone tutti gli interrogativi possibili sul senso della vita in preda al più puro spleen scandinavo. Ma misteriosamente il lettore no. Perché mentre questi signori si abbuffano di anguille alla marmellata (sic!), chi legge è occupato a muoversi avanti e indietro tra gli anni ‘70 e il 2010, cercando di capire quale di queste persone tranquillissime (e noiose da morire, perfino quelle trasgressive) possa avere uno straccio di movente. Ma non aspettatevi tensione, che sia chiaro! Il libro scorre via veloce, tutti sono calmi e compassati e sembra non succedere nulla. Come in realtà è, del resto, ché la vita continua anche se sei biondi svedesi intraprendono un viaggio coperto da un terribile segreto. O due. Fatto sta che nel paese del libero amore… non sembra succedere un bel niente. Voto 6/7 allora, mio affascinante ispettore Barbarotti. Magari sei l'idolo della casalinga scandinava, con il tuo malinconico velo di charme latino e la tua infanzia difficile (anche se da noi non batteresti chiodo perché ti chiami Gunnar, spiacente) però la tua indagine non mi dice nulla. Neanche quando, improvvisa, scoppia una specie di violenza, nessuno sembra accorgersene, come se un placido velo di malinconia svedese ti cauterizzasse la ferita mentre il proiettile è ancora in corsa. Bellino, ben scritto (memorabile la scena di Dio che si incazza con l'ispettore e gli intima di non romperGli le palle contrattando con Lui) anche se a volte il tono fa pensare alla voce fuori campo degli ultimi film di Woody Allen – I sei ȧmici bevvero øttima birra ɇ si disperserø a cercar funghi nel bøsco mæ trovarøno sølo finferli, pœrché i nøstri lettøri conøscøno lȧ differœnzȧ – ben tradotto… ma l’indagine finisce per essere un po’ noiosa: signore e signori della giuria, potrei avere uno spietato serial killer come tutti gli altri, per favore?
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