“22/11/’63” di Stephen King

di / 13 marzo 2012

«Ed è per questo che la storia dà i brividi, perché nessuno la può cambiare», cantava De Gregori. Già, la storia nessuno la può cambiare. Ma cosa succederebbe se invece a un insegnante di una piccola provincia americana venisse all’improvviso data questa possibilità? Quali sarebbero le conseguenze sul presente? E il passato può essere veramente cambiato? E se sì a quale costo?

È sempre affascinante quando la storia incontra l’immaginario. E proprio questo accade in 22/11/’63, la nuova fatica di Stephen King. Un corposo romanzo in cui l’autore, a distanza di cinquant’anni, ripercorre alcune delle vicende che a partire dal 1958 hanno condotto all’assassinio di Kennedy, avvenuto il 22 novembre 1963, intrecciando abilmente elementi reali (grazie a una accurata ricerca) con personaggi frutto di fantasia. Tema e metodo non certo nuovi nella letteratura statunitense: basti pensare alla sensazionale trilogia di James Ellroy che partendo da American Tabloid e passando per Sei pezzi da mille conduce sino a Il Sangue è randagio. Ma le analogie fra i due autori si fermano qua. King, infatti, differentemente da Ellroy, non descrive un mondo che ha perduto i confini tra bene male, nel quale i protagonisti sono in gran parte militanti radicali, tossici e corrotti, assassini o politici desiderosi di onnipotenza. No, King stavolta sfugge persino al suo epiteto di “maestro dell’horror” riuscendo a costruire un lunghissimo romanzo (persino troppo, a mio giudizio) in cui, pur essendoci sullo sfondo l’affaire Kennedy, una bellissima storia d’amore diviene per lunghi tratti del libro padrona della scena, relegando quasi in secondo piano il resto della trama. Se questo sia un merito o un difetto lo lascio giudicare ai lettori.

Ma partiamo dall’inizio.
Lisbon Falls (Maine), 2011. Jake Epping è un professore della Lisbon High School, usuale frequentatore della tavola calda di Al, a differenza dei suoi colleghi e di quasi tutti gli studenti. I due non si possono definire amici, il loro è un normale rapporto fra ristoratore e cliente. Tuttavia un giorno, mentre si trova ancora a scuola, Jake riceve una chiamata di Al, il quale gli chiede un incontro non appena possibile, meglio se nel giro di qualche ora. Stupito tanto dall’inusuale richiesta quanto dal tono di voce del ristoratore, il professore si presenta poco dopo alla tavola calda, dove l’uomo gli rivela che la dispensa del locale in realtà è un passaggio temporale che conduce al 1958 aggiungendo: «Puoi cambiare la storia Jake, lo capisci? John Kennedy può salvarsi… Ferma Oswald quel 22 novembre 1963. Salverai anche suo fratello Bob, e Martin Luther King; bloccherai le rivolte razziali. E forse eviterai anche la guerra in Vietnam». Ci avrebbe già provato lui stesso se non fosse ormai vecchio e malato. Ma grazie ai suoi molti viaggi nel passato ha scoperto almeno due importanti elementi che potranno essere utili a Jake se vorrà intraprendere questa folle impresa: per prima cosa non importa quanto una persona rimanga nel passato, al suo ritorno nel presente saranno trascorsi sempre e solo due minuti; ancora più importante è sapere che c’è un rapporto direttamente proporzionale tra rilevanza del cambiamento e resistenza del passato a tale cambiamento.

Sta a Jake adesso decidere se accettare la sfida. Ma se lo farà e se riuscirà veramente a salvare Kennedy quali saranno le conseguenze delle sue azioni sul presente? Cosa sarebbe successo infatti se a Dallas quel giorno del novembre 1963 il giovane presidente non fosse stato ucciso? Senza dimenticare gli effetti sulla sua vita personale.

Una geniale idea, una tenera storia d’amore, un interessante (nonché opinabile) punto di vista riguardo ai fatti accaduti a Dallas il 22 novembre del 1963. L’importante è non aspettarsi lo stesso pathos di altre opere di King.


(Stephen King, 22/11/’63, trad. di Wu Ming I, Sperling & Kupfer, 2011, pp. 767, euro 23,90)

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