“Profezia dell’architettura” di Edoardo Persico

di / 23 novembre 2012

Edoardo Persico muore a trentacinque anni in circostanze misteriose. A molti anni di distanza il mistero rimane ad avvolgere un fatto di cronaca che colpì profondamente l’opinione pubblica e il mondo intellettuale del tempo. Suicidio, morte naturale o mano pesante e infame del Regime? Risposte, o quantomeno risposte univoche e basate su fatti sicuri, non ce ne sono. Di certo in questa storia non c’è nulla, lo sa bene Andrea Camilleri che, nel suo Dentro il labirinto (Skira, 2012) prova a tesserne i fili e a comprenderne gli eventi. 

Persico però non è soltanto il personaggio involontario (o volontario?) di un giallo, è personaggio a tutti gli effetti. Intellettuale certo ma soprattutto architetto visionario e illuminato, un uomo capace di ribadire con forza e impegno le proprie idee nel campo della progettazione.

Da questo punto di vista va capita – e mi trovano d’accordissimo – la scelta di Skira di pubblicare, immediatamente dopo l’originale volumetto di Camilleri che ne ripercorre l’ultima parte di vita, ciò che rappresenta meglio di tutti la vita di Edoardo Persico: la sua opera. E fa un certo effetto avere tra le mani Profezia dell’architettura (Skira, 2012), un libricino esile che, per chi ama come me questa disciplina, è una vera e propria epifania e la cui lettura permette di comprendere il concetto stesso di “attuale”, “moderno” e “contemporaneo”. 

Il libro, inserito nella collana sms (SkiraMiniSaggi), è un vero e proprio gioiello che raccoglie quattro testi ormai introvabili dell’artista e critico napoletano (nume tutelare del Gruppo dei Sei a Torino, direttore di Casabella e straordinaria figura di riferimento nel campo dell’arte e dell’architettura): “L’Architettura mondiale” (1933), “Gli architetti italiani” (1933), “Punto ed a capo per l’architettura” (1934), “Profezia dell’architettura” (1935).

Precursore della “modernità”, artista straordinariamente attuale, i suoi scritti conservano intatta freschezza ed efficacia e fino a ora erano pressoché introvabili. Per comprendere questa “modernità” e il concetto di “profezia” bisogna rifarsi proprio alle parole di Persico che, citando Erich Mendelsohn, rimanda a una «fondamentale libertà dello spirito», alla ricerca di un ordine “nuovo” e creativo che cammina passo a passo con il quotidiano. Uno sguardo profondamente (e fieramente) europeo ed europeista che non può accettare la deviazione pseudo-razionalista degli architetti italiani del tempo, incapaci di guardare oltre il Regime. Si tratta di una vera e propria lotta contro il tradizionalismo italiano, contro la continua tendenza “strapaesana” di non vedere le problematiche (non solo architettoniche) nel loro insieme, come se una linea architettonica potesse davvero non curarsi del problemi del paese.

Profezia dell’architettura è, a conti fatti, un j'accuse al provincialismo nostrano che, ancora oggi, oltre settant’anni dopo, ha purtroppo bisogno di essere ribadito con forza. Perché proprio da questa idea di un’arte europea che «non è soltanto una serie di azioni e di reazioni particolari, ma un movimento di coscienza collettiva» si può guardare indietro, per comprendere alcuni aspetti incontrovertibili della nostra cultura, e si deve guardare avanti per dare un apporto non solo all’architettura ma a tutto il movimento artistico e culturale del paese.


(Edoardo Persico, Profezia dell’architettura, Skira, 2012, pp. 96, euro 9)

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