Italiano anulare

di / 6 dicembre 2012

Roma, rione Monti. Daniele esce fuori dal locale per intervallare la sua terza birra con una robusta sigaretta. Dopo il primo poderoso tiro presta tutta la sua attenzione alle parole di un ragazzo con la barba che lì, vicino a lui, intrattiene una sparuta platea di annuenti uditori.
«Mi piace il vino. E la musica. Sai, l’indie alternativo, gli Arcade Fire, Bon Iver, ma ovviamente non dimentico le basi, Joy Division, The Smiths, insomma mica quella roba commerciale come i Coldplay. Sì, vado al cinema e al MACRO, chiaramente anche la mente ha bisogno di stimoli, di emozioni, di proteine. No, non ce l’ho Facebook, ho Twitter. Quella è la vera piazza sociale. È la nuova Utopia: tutti uguali, tutti dello stesso rango, senza distinzioni. Pensa che una volta ho anche dialogato con Travaglio. E poi scrivo. Collaboro con due testate online e una web radio. La rete va sfruttata. Internet non è solo pornografia, internet è circolazione e condivisione di idee, giuste o sbagliate che siano. E ovviamente non bisogna dimenticare la politica. È il momento di svegliarsi, qua è tutto finito! La sinistra non c’è più, cos’è? Chi è? È in una crisi identitaria irreversibile. E la colpa è anche nostra. Questa crisi e questa classe politica ce la siamo meritate! Siamo come bambini che non vogliono fare i compiti e hanno mamme consenzienti pronte a firmare la giustificazione. E pensa che una volta fischiavamo Berlinguer».
Silenzio. Teste basse e scoraggiate. Dal gruppetto si alza qualche sospiro e un: «Già, hai proprio ragione». Il ragazzo si tocca la barba con un movimento dal basso verso l’alto e viceversa e chiude il discorso con un laconico: «Mi dispiace ma è proprio così».
Daniele è uno di quelli che generalmente si fa gli affari suoi. Scruta in silenzio, ascolta e fuma appoggiato a qualsiasi cosa possa sostenere il suo indolente bacino. Questa volta però no. Sarà che lui Twitter non ce l’ha o che le giustificazioni non se le faceva firmare dalla mamma e si prendeva il due con discreta signorilità, ma mentre il gruppetto rientra nel locale, dà un tiro alla sigaretta, si fa incontro al ragazzo, lo intercetta garbatamente in prossimità dell’uscio, e puntando timidamente il dito in alto (proprio come faceva a scuola per dire alla professoressa che il capitolo su Hegel non l’aveva neanche letto) gli chiede: «Senti scusa posso rubarti cinque minuti?»
«Certamente». La risposta del ragazzo è confortante, anche se accompagnata da un’inevitabile espressione di perplessità e dal conseguente balzo verso l’alto delle sopracciglia.
«Ecco, io ho la sensazione di averti già sentito da altre parti, in tutte le parti. Io ho bisogno di sapere chi sei».
«Sì, può essere, ma tu invece chi saresti?»
«Io sono Daniele, un Daniele qualsiasi».
«Ah, ho capito chi sei. Io infatti non ti ho mai sentito, ti ho solo visto. Stai sempre fuori dai miei gruppetti, non dici niente e mi guardi come se li stessi annegando con una marea di cazzate. Alla fine ce l’hai fatta a chiedermi chi sono. Ti do due minuti però, che dentro mi aspettano».
Daniele carica e tira il colpo di sigaretta, emette un sospiro e inizia il suo serratissimo interrogatorio.
«Ecco, ho sentito che parlavi di vino. Quale mi consiglieresti?»
«Bianco o rosso, alla fine è uguale. Sai, una volta bevevo birra. Chiara doppio malto. Poi mi hanno detto che gonfia ed è pure di destra e allora ho smesso».
«Chiaramente. Piuttosto, complimenti per i gusti musicali, sono molto ricercati!»
«E certo. Qua per rimediare il numero di telefono di una non bastano neanche più Battiato e i Verdena».
«Logico. Invece, a proposito di cinema quale film hai visto di recente?»
«Bella addormentata di Bellocchio. Un capolavoro, doveva vincere il Festival di Venezia. Finalmente si è mosso qualcosa nel panorama di un cinema italiano che… meglio lasciar perdere».
«Ma hai capito perché alla fine la madre della ragazza in coma fa togliere gli specchi?»
«Quali specchi?»
«Niente, niente. Ovviamente non ho potuto fare a meno di sentire che hai avuto un dialogo su Twitter con Travaglio, che vi siete scritti?»
«Io gli ho chiesto se era davvero il suo account, lui mi ha risposto di sì, io gli ho scritto: “Grazie, grande!” e lui mi ha inviato uno smile. Di quelli con l’emoticon che fa l’occhiolino eh!»
«Beh davvero importante. Un’altra cosa che mi ha colpito è che scrivi. Più precisamente di cosa?»
«Faccio recensioni. Di libri, film, cd, mostre, tutto ciò che è arte, insomma. Oh, non sai quanto si rimorchia alle anteprime. Poi con la web radio una vera svolta. Pieno così».
«E la sinistra?»
«Ormai è andata. Non c’è credibilità. Bersani è troppo casareccio, è uno zio più che un politico. Per quanto riguarda Renzi, dai su, il gradimento di Berlusconi è argomento più che sufficiente per delegittimarlo».
«E Vendola?»
«Come direbbe Christian De Sica, Vendola è moderno. Fai il serio: qua c’è il Vaticano!»
«Scusa ma tu chi sei?»
«Sono l’italiano anulare».
«Prego?»
«Sono l’evoluzione dell’italiano medio. È che a un certo punto ho capito che era giunto il momento di divincolarsi, sforzarsi un po’ di più, e bam! Sono nato. Io so poco di tutto. Mi informo ma non arrivo mai in profondità: poco tempo, troppe cose da fare, mi basta sapere chi sono i buoni e chi i cattivi, per il resto ci metto in mezzo un paio di congiuntivi e condizionali e il gioco è fatto. Sono Anulare come il Grande Raccordo che circonda questa città. Io alla realtà ci giro intorno ma non entro mai in profondità. Ti ricordi quando a scuola dicevano: “Studia il minimo indispensabile e non si impegna?”, ecco, sono io. Io il sei lo prendo sempre e non mi interessa arrivare a sette. Do un vago contenuto alla banalità e proprio per questo mi faccio ascoltare. A differenza tua, io risplendo nella luce che si è creata nell’ombra di assenza di aspettative che l’italiano medio ha creato».
«Ma scusa e come sai dei fischi a Berlinguer?»
«Ho visto un documentario su History Channel. C’era Craxi, c’era Verona, c’erano questi che lo fischiavano, poi ricordo poco».
«Ma, scusa, una cosa la sai bene?»
«Sì, che Conte è un gran paraculo. Aveva detto che avrebbe fatto giocare la Juve con il 4-2-4, ma alla fine ha vinto lo Scudetto con un 3-5-2 provinciale e catenacciaro».
«Già, hai proprio ragione».
«Mi dispiace ma è proprio così».
Il ragazzo si tocca la barba con un movimento dal basso verso l’alto e viceversa.
Daniele cicca e torna a bere. Ché la birra si riscalda.


Questo racconto si è classificato secondo al concorso Memoracconti – Storie da ricordare, organizzato da Edizioni Memori in collaborazione con Flanerí.

  • condividi:

Comments

News

effe

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

“effe – Periodico di altre narratività” numero dieci

Archivio