“Flumen” di Filippo Strumia

di / 5 febbraio 2013

Avete mai pensato che i benzinai siano malvagi? Che i barboni siano talmente strani da appartenere a un’altra dimensione? Che siano dei rettili dall’intelligenza sopraffina, degli dei?

Un benzinaio viene trovato morto nel centro di Roma, legato con una catena e arso vivo. Intorno a lui sei lucertole carbonizzate a formare un esagono; la settima è nella sua bocca.

Flumen di Filippo Strumia (Elliot, 2012) è un poliziesco, un noir. Strumia, psicologo, già poeta per Einaudi, scrive un primo romanzo disarmante e scorrevole come pochi.

Dietro l’apparente semplicità del meccanismo narrativo poliziesco è tutto troppo studiato per essere casuale. I personaggi sono simboli della loro funzione nel romanzo: i poliziotti Capuano e Lombardo, mai chiamati per nome, agiati nella burocrazia, ironici ma senza speranze e senza fede; Carlo e Flaminia, mai chiamati per cognome, romantici e indifesi dal mondo, gestori di un centro accoglienza per i meno fortunati; Edmondo, collega del benzinaio trovato morto, primo sospettato, uomo di grandi gusti e cultura, filosofo e probabilmente un po’ tocco.

Flumen, il titolo del romanzo, è il Tevere di una Roma mai menzionata se non nelle pagine finali. Flumen è soprattutto però un’incubatrice, è il momento intermedio tra il regno delle idee e il mondo reale. E ognuno ha il proprio Flumen. Per l’ispettore Capuano e l’assistente Lombardo è il caffè, insostituibile rito mattutino. Per Carlo e Flaminia è l’aiuto ai senzatetto, agli invalidi, ognuno con le proprie ragioni – Carlo ne prova paura, Flaminia solo compassione. E quando dopo il primo delitto sparisce il barbone Adam, sospettato a causa di uno screzio avuto col benzinaio qualche giorno prima dell’omicidio, il mistero si infittisce.

Non c’è un vero antagonista. Nemmeno l’assassino stesso che continua a uccidere si può considerare tale; è solo un mezzo per arrivare allo spiazzante finale. Neanche Trimarco, il commissario opposto a Capuano per indole e carattere, arrivista, ruffiano, sbruffone, riesce a suscitare antipatia. Anzi, tutto per lui è uno dei capitoli più belli del romanzo; si direbbe un racconto breve incastonato in una trama più ampia.

Il libro stesso, l’oggetto, è un Flumen, punto d’incontro tra la mente del creatore-scrittore e il mondo dei lettori. Si crea un rapporto teso e sfuggente, evidenziato dalla difficoltà di abbracciare con una definizione la forza di questo romanzo: una godibilissima storia noir raccontata in maniera incalzante e mai noiosa, dal linguaggio solido, a tratti divertente, sempre colmo di spunti – religiosi, filosofici, sociali. Leggetelo, sarà più semplice.

(Filippo Strumia, Flumen, Elliot, 2012, pp. 317, euro 16,50)

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