“Romeo e Giulietta”, regia di Valerio Binasco

di / 19 marzo 2013

Romeo e Giulietta, nella regia di Valerio Binasco, è diventato un inno senza musica in una cattedrale vuota, che si regge su pilastri letterari che affondano nell’impossibilità di rinascere. Perché per rinascere bisogna prima morire e forse in Romeo e Giulietta esiste ancora qualcosa di vivo. Non il tentativo di rappresentare ciò che è così sepolto da non essere mai stato rappresentato dopo una mitica scena originaria. Non il tentativo di sminuzzare il testo e ricomporlo secondo le necessità teatrali o le esperienze vitali. Non il tentativo di creare parallelismi tra temi di ieri e di oggi, che troppo spesso finisce per essere un modo per imporre la morte del presente sulla vita del passato. Dunque forse è necessario bagnarsi le mani nel sangue dell’opera per dipingere sul palco una riflessione non più sull’opera stessa, ma sulla struttura della parola che si ripete senza riuscire mai a scambiarsi con quella che la segue. Se Romeo e Giulietta sono divenuti una Gioconda su cui ciascuno possa disegnare baffi, cappelli e quant’altro, allora forse è ora che questa Gioconda divenga così dirompente da sbalordire per ciò che non ci si attende possa essere, prima di sbalordire per ciò che altri vogliono farla essere.

Allora è necessario uno studio analitico del testo, se per analisi intendiamo una ricerca del dettaglio, del piccolo “atto mancato” della vicenda, in un testo che risplende troppo per non essersi consumato i timpani nell’udirsi di continuo («del testo mi piacciono soprattutto cose marginali», spiega il regista). La risata deve essere incongrua e spezzare ogni poesia, la rabbia eccessiva, urlata non nell’odio che ne determina l’inizio, ma nel frammento di voce che ruggisce ancora proprio mentre il grido si sta spezzando. Romeo (Francesco Montanari) sorprenderà, perché è un amatore dell’amore per la donna da amare, prima che sposo di Giulietta. E Giulietta (Deniz Ozdogan) è l’eccesso dei suoi movimenti da adolescente, dei suoi veloci inchini da ballerina in erba, prima che la ragazza traviata dall’amore impossibile.

«È quasi tutto troppo con Shakespeare e Romeo e Giulietta ha persino un troppo in più», dichiara il regista Valerio Binasco nel comunicato stampa per il Teatro Stabile di Napoli. Esplorare quel “troppo” significa anche osare incrinare il testo fin quasi alla rottura e allo sberleffo, così come affidare alla superba Milvia Marigliano un ruolo che, proprio grazie alla sua interpretazione, diventa monumentale, come quello della balia di Giulietta. La messa in scena deve avere ritmi inusitati, rallentare improvvisamente in una lotta in slow-motion improvvisa e straniante e persino le luci potranno essere strumenti concretamente nelle mani dei personaggi. Si tratta dunque di un teatro che parla del testo facendosi parlare dal testo. Perché forse è proprio questo il pregio ulteriore di un testo abusato: non il testo, ma l’abuso che ha subito. E se di abuso si è vissuti in questi secoli, allora di abuso si può parlare attraverso questo testo/corpo, parlando del “troppo” che quotidianamente ne ha inciso le membra. Forse non si è trattato nemmeno di apprezzare un Romeo e Giulietta di Valerio Binasco. Forse si è trattato di sottrarre a Romeo e Giulietta proprio Romeo e Giulietta e inscenare “il troppo” che ha sedimentato su di essi per secoli.

con Francesco Montanari, Deniz Ozdogan 
e con Milvia Marigliano
regia di Valerio Binasco
produzione Teatro Eliseo in collaborazione con Compagnia Gank e Gloriababbi Teatro

Prossime date:
26 marzo-28 marzo 2013 – Teatro Eliseo, Roma
23 aprile-05 maggio 2013 – Teatro Carignano, Torino

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