“Nella casa” di François Ozon

di / 22 aprile 2013

Nella casa di François Ozon ha aperto il festival "Rendez-vous, appuntamento con il nuovo cinema francese" lo scorso 16 aprile dopo essersi aggiudicato sei nomination ai César, gli Oscar del cinema d'Oltralpe.

Claude è un liceale, bello, riflessivo, alquanto misterioso. Si pone delle domande, cerca delle risposte. Germain è un professore di lettere pervaso dalla noia e dalla monotonia delle giornate sempre ripetitive, così uguali. Claude decide di dar spazio alla propria fantasia dedicandosi a un progetto a dir poco perverso: penetrare nel quotidiano di una famiglia piccolo borghese, quella di Rapha, suo compagno di classe, e denunciare ciò che “dovrebbe” apparire come normale. Ogni giorno redige un memoire satirico al suo professore, pigmalione complice e divertito da un’avventura con cui, forse, poter finalmente rompere la soffocante apatia della propria esistenza.

François Ozon con il suo ultimo lungometraggio, Nella Casa, critica di base (così come in Potiche e 8 donne ed un mistero) le contraddizioni della borghesia francese e ancor più i metodi e le falsità maliziose con cui la stessa società si dipinge, creando quella pellicola trasparente di cellophane che avvolge tutti, tra finzioni, codici e ruoli impostati. Un castello di carte sempre più traballante.

Il film è un buon riflesso del massacro domestico che la borghesia odierna tende a esaltare e decantare tanto, conducendola, ipocritamente e insensibilmente, al macello. Una commedia, tendente al thriller, che rivanga antichi sapori pasoliniani, flaubertiani (a cui è dedicato il liceo di Claude) e hitchcockiani, incentrandoli attorno alla normalità di una vita media, per l’appunto, borghese: quella triste di Germain (Fabrice Luchini), scrittore reticente e stanco, dominato dalla noia e dall’insensibilità, avido di amore per via di una incapacità affettiva nel relazionarsi sia con gli altri che con se stesso e la moglie (Kristin Scott Thomas). Lui è sterile, lei non potrà mai avere quello che ha sempre desiderato più al mondo. Così, per Germain, il disgusto verso gli altri diventa l’unica reazione possibile, il suo pane quotidiano. Tutto questo viene a perdersi in un oceano di mediocrità e indifferenza, finché non si imbatte nella sua personale isola: Claude (un promettente Ernst Umhauer) e la sua visione magica della realtà.

È, sì, un buon film che rapidamente però si viene a perdere. Una volta riaccese le luci in sala, poco rimane. Quello che si percepisce è una mancanza. «Non mi ricordo più se ho messo il sale oppure no!»; manca di slancio, poesia, di vertigine. Proprio quello che distingue il lavoro di un buon studente (colui che tratta semplicemente di un soggetto) e l’opera di un grande autore cinematografico.

Fabrice Luchini si conferma uno dei più validi interpreti della commedia francese dell’ultimo decennio sia a teatro che al cinema. Mantiene tutto il suo charme e la sua forza interpretativa nei panni di un uomo che canta di Celine e Molière, meravigliando e nascondendosi dietro la forza delle parole, facendone la sua arma di seduzione.

Si tratta comunque di un piacevole film, incentrato sul concetto di creatività e sull’incredibile “egoismo” che spinge il ragazzo, Claude, a catturare il reale, carpendone le sue stesse deformità: le ritocca e le ripensa secondo la propria personale visione delle relazioni sentimentali, quelle di cui ci circondiamo ogni giorno, semplicemente più da un punto di vista elementare, aproblematico.


(Nella casa, regia di François Ozon, 2012, drammatico, 105')

 

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