“Per un passato migliore” dei Ministri

di / 22 aprile 2013

Se in futuro dovessero chiedermi che aria tirava in Italia in questo periodo, come risposta farò ascoltare i dischi della band in questione. Musica e parole necessarie. Quotidiane, imprescindibili. Musica e parole figlie di un presente critico e delicato. Che solo in pochi sanno trasformare in rock. Canzoni generate da Tempi bui. Loro – con quel nome azzeccatissimo – ci riescono da un paio d’anni. Con tutta la rabbia, la frustrazione e la voglia di riscossa di una generazione lapidata dalla crisi e le altre piaghe del Belpaese. L’avete capito: stiamo parlando proprio dei Ministri. Non quelli dimissionari o mal citati della politica italiana, ma degli alfieri dell’indie-rock nostrano. Sempre più lucidi, furiosi e dissacranti. Pronti a fare i conti con i mali dell’Italia. E i nostri.

Tre anni per ricaricarsi e preparare il quarto disco, dal titolo emblematico: Per un passato migliore. Solo loro tre (Davide Autelitano alla voce e basso, Federico Dragogna alla chitarra, Michele Esposito alla batteria), uniti e compatti nella creazione di un lavoro molto vicino alla grezza potenza dell’esordio I soldi sono finiti, del 2007. Ovvio, di strada i milanesi ne hanno fatta e lo si percepisce nitidamente. La potenza è intatta, ma nuova padronanza degli strumenti scorre in ogni singolo brano, arricchito dalla supervisione di Tommaso Colliva in cabina di regia, alle Officine Meccaniche di Milano.

Lo schianto iniziale di “Mammut” vale più di mille parole. Chitarra, voce, basso e batteria s’incarnano nella possanza impetuosa dall’animale estinto, generando un brano d’apertura che getta subito l’ascoltatore in una infuocata medias res. Altrettanto feroce il primo singolo “Comunque”, dove il ritornello è una corrosiva demolizione delle nostre attuali “certezze”:

«La tua casa non vale niente Il tuo orologio non vale niente Il tuo vestito non vale niente Questa chitarra non vale niente Il tuo contratto non vale niente La tua esperienza non vale niente Il tuo voto non vale niente Tanto vale provarci comunque».

Se con “Le nostre condizioni” non ci spostiamo molto dai lidi appena descritti, “La pista anarchica” è da annoverare tra i picchi di Per un passato migliore. I Ministri sanno regalare ballate dai testi inscalfibili, supportate da una performance vocale sempre più matura. Come in questo caso, dove generazione per generazione viene fuori il triste ritratto della nostra società. “Stare dove sono” è un esplicito e riuscito richiamo ai Foo Fighters, mentre “Spingere” è la quintessenza del sound-Ministri all’ennesima potenza. E a proposito di ballate e capolavori, ecco un altro momento altissimo: “Se si prendono te”. Su un tappeto di distorsioni elettriche, la voce di Davide decanta parole toccanti e sentitissime, dove è percepibile ogni grammo d'emotività. Su tale scia s’innesta anche la bellissima “I tuoi weekend mi distruggono” e la conclusiva e disarmante “Palude”.

Per un passato migliore è un album che musicalmente non aggiunge nulla alla produzione della band, ma conferma in pieno – e con il massimo dei voti – le loro capacità, mostrando quanto siano in grado di accelerare sul binario del punk-rock, ma anche di rallentare verso il versante melodico- acustico, che in Per un passato migliore ha generato le canzoni più belle. Arrivati così alla quarta prova in studio, i tre milanesi rispondono con il loro lavoro più compatto e coeso: il disco della maturità, insomma. Un disco sotto alcuni aspetti doloroso, ma necessario: ignorarlo vorrebbe dire voltare lo sguardo altrove mentre la propria casa prende fuoco. E di conseguenza, ignorare anche i tentativi per spegnere le fiamme. Almeno fino a quando non apparirà un futuro che per i Ministri ancora non esiste.
 

(Ministri, Per un passato migliore, 2013, Godzillamarket)


 

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