“Arcipelago dell’insonnia” di António Lobo Antunes

di / 11 luglio 2013

«Fra poco è mattina, e non sarà mai mattina». Con questa malinconica pennellata si chiude il nuovo lavoro di António Lobo Antunes, Arcipelago dell’insonnia, (Feltrinelli, 2013), volo a quota variabile sulle vicende di una famiglia possidente del Portogallo, dal nonno ai nipoti. Tre generazioni per descrivere con lucido lirismo la crudeltà di una vita legata agli istinti primordiali e prevaricatori, fatta di vittime e carnefici che si confondono in una danza spettrale e luminosa insieme.

L’affresco che l’autore offre va componendosi sotto gli occhi attoniti del lettore per auto germinazione, come se fossimo invitati da un ospite muto a sfogliare l’album di foto di una famiglia sconosciuta, e scorgessimo i personaggi in immagini ingiallite, presi in un paesaggio polveroso e assolato, mentre cambiano età e fisionomia sullo sfondo della vecchia tenuta di famiglia, al centro di questo microcosmo fuori dal tempo.

Non molto di più è offerto alla conoscenza del lettore, che si ritrova nella vicenda senza preamboli, coinvolto in prima persona da una narrazione incredibile fatta di sole descrizioni, frammenti di ricordo, visioni, dentro e fuori la testa di chi racconta.

Dal capostipite violento e dispotico che abusa delle serve e maltratta i contadini, al fattore omertoso e compiaciuto, alla nonna che uccide i conigli con meccanica crudeltà, fino al nipote autistico che osserva la sua famiglia dal di fuori, le storie di questo romanzo si intrecciano in un gioco di rimandi che solo la prosa di Antunes può ambire ad affrontare senza rompere la linea di una finzione onesta.

Una prosa preziosa a cui forse il lettore italiano non è del tutto preparato, fatta anche di sperimentazione con la sua serie di frasi mozze, parole troncate, discorsi a metà, a cui certo la difficilissima traduzione in italiano di Vittoria Martinetto ha dovuto necessariamente concedere più di qualcosa.

Arcipelago dell’insonnia è un libro impegnativo non adatto a tenere compagnia sotto l’ombrellone. La sua lettura piena di flash richiede l’attenzione trasognata del viaggiatore, o la silenziosa complicità, appunto, dell’insonne. Gli spazi che riempie sono sempre paradossali, o inesistenti. Per questo, nella valigia di chi si appresta a partire, questo romanzo non avrà peso.


(António Lobo Antunes, Arcipelago dell’insonnia, trad. di Vittoria Martinetto, Feltrinelli, 2013, pp. 288, euro 18)

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