“L’ultima vacanza. A memoir” di Gil Scott-Heron

di / 18 settembre 2013

Non so voi ma io, quando leggo, metto sempre su della musica, la cui scelta è spesso casuale o dettata dai pensieri del momento. Tuttavia, ci sono alcuni libri che nascono già con una colonna sonora, come L’ultima vacanza. A memoir di Gil Scott-Heron (LiberAria, 2013): una colonna sonora che in questo caso è stata scritta, composta, percorsa dall’autore stesso. Percorsa, anche. Perché questo libro altro non è che un percorso, più che una comune autobiografia. È una raccolta di memorie autobiografiche fuori dal comune, una sequenza di tracce cronologicamente disordinate.

Prendete il brano “The Revolution Will Be Not Televised” (Pieces of a Man, 1971)e schiacciate play. Inizia la storia. La storia di uno scrittore, di un musicista, ma anche di un militante per i diritti civili, la storia di un nero di umili origini che con il suo talento e la sua determinazione ha dato forma a un’esistenza fatta di sfide, impegno, delusioni, successi. Una strada che dal Tennessee arriva a New York, dove a questo ragazzo di talento viene data la possibilità di avere un’istruzione pari a quella di ogni suo coetaneo bianco della città. Ecco che inizia a formarsi lo scrittore oggi conosciuto per la sua spoken word. Un uomo la cui attitudine letteraria è spesso passata in secondo piano rispetto alla sua musica, ma anche, e si inizierà a vederlo in questi anni, un attivista: siamo nell’America degli anni Ottanta, e il suo impegno per i diritti civili degli afroamericani è sempre più forte.

Ed è proprio nel 1980 che Scott-Heron accompagna Stevie Wonder nel tour che diventa una delle principali tappe di questo memoir, un tour che ha avuto un ruolo fondamentale nell’istituzione del Martin Luther King Day, per la celebrazione di uno degli uomini che più di tutti hanno contribuito alla difesa dei diritti civili. Figura carismatica e sopra le righe, Stevie Wonder è uno dei cardini sui quali ruota la storia del protagonista, uno dei suoi principali punti di riferimento: «Era un uomo la cui umanità e compassione erano reali, visibili e certe come le lacrime che filtravano da sotto gli occhiali neri e gli scorrevano libere sul viso e sui vestiti. Lacrime che non si curò mai di asciugare. Le parole di Stevie erano come un assolo di jazz, spontanee e immediate, un’espressione tanto onesta da essere quasi imbarazzante».

La vita di Gil Scott-Heron è costellata di eventi che hanno segnato l’America della sua generazione: dall’assassinio di Kennedy a quello di Martin Luther King, e qualche anno più in là quello di John Lennon. Questa sua opera è un personalissimo autoritratto che fa dunque parte di un disegno più ampio, il quale raffigura una storia che appartiene a molti, raccontata da chi la rivoluzione ha contribuito a farla, per davvero:

 

«The revolution will not be televised,

The revolution will be no re-run brothers;

The revolution will be live».

(Gil Scott-Heron, L’ultima vacanza. A memoir, trad. di Daniela Liucci, LiberAria, 2013, pp. 264, euro 18)

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