“Later… When The TV Turns To Static” di Glasvegas

di / 18 novembre 2013

Ancora la dannata televisione: dopo Big TV dei White Lies, ora tocca al Later… When The TV Turn To Static dei Glasvegas. Fin dalla copertina, un ronzio, un'interferenza catodica, una distorsione mediatica attraversa il ritorno degli scozzesi dopo Euphoric /// Heartbreak \ del 2011.

Che dire dei Glasvegas a chi non li conosce?

Esordio di platino con l’omonimo album che ha fatto conoscere al panorama indie rock un gruppo unico: base ritmica possente trascinata dal basso di Paul Donoghue, chitarre calibrate su distorsioni simil-U2 e la trascinante voce di James Allan. Per non parlare dei lori testi. Infatti, la caratteristica che colpisce subito dei Glasvegas è la loro intensità, il pathos genuino e la vocazione melodrammatica. Basta prendere la prima traccia dell’esordio “Flowers & Football Tops” (in cui si parla della straziante fine di Kriss Donald dal punto di vista del padre) o gli ormai classici “Daddy’s Gone” e “Geraldine”.

Ora però, giunti alla prova del terzo disco (brillantemente superata dai White Lies) i Glasvegas fanno di questa intensità l’aspetto più controverso. Ovvero: si prendono troppo sul serio, a discapito della musica e dello loro evoluzione discografica.

Later… When The TV Turn To Static permette l’ascolto dei pezzi-tipo dei Glasvegas, ma anche il loro lato negativo: brani caduti nel melenso. “Youngblood”, “All I Want Is My Baby”, “If” hanno la carica e la potenza tipica del loro sound e molto probabilmente una canzone bella come “Magazine” non l’avevano mai fatta. Purtroppo però momenti come “Choices” e “Neon Bedroom” rischiano di togliere troppo presto l’entusiasmo. Da questo punto di vista “I’d Rather Be Dead (Than Be With You)” è il capolavoro: solo pianoforte e voce (sempre più alla Bono) per una brano che squarcia il cuore. Se tutto l’album avesse avuto il perfetto equilibrio di questa canzone,  Later… When The TV Turn To Static sarebbe già acclamato come pietra miliare. Ma così non è, e ci accontentiamo – per il momento – di un disco in cui i Glasvegas rifanno semplicemente i Glasvegas: cercando di riproporre un secondo esordio, più che tentare uno stacco e un’evoluzione. Sicuramente un buon lavoro: ma manca quel lampo d’ispirazione che ha reso i quattro di Glasgow la voce più intensa dell’indie rock.
 

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