“Libro”
di Gian Arturo Ferrari

di / 22 ottobre 2014

Un tempo il libraio era un personaggio afferente a una specifica corporazione e si chiamava stationarius, termine che nella cultura tardo antica indicava colui che aveva una postazione fissa, ossia un soldato della guardia, o anche un mastro di posta. Quando il vocabolo inizia a designare, in contrapposizione agli ambulanti, i venditori che hanno un banco fisso o addirittura un locale, gli stationarii iniziano a prendere parte nel mondo librario. Nel XVII secolo a Londra, la loro eredità viene raccolta dagli stationers, riuniti nella corporazione Stationer’s Company. Nel 1667 il celebre poeta John Milton vende a uno di loro, Samuel Simmons, quello che oggi sarebbe il copyright del suo Paradise Lost. E Simmons gli dà in cambio 10 sterline, cifra all’epoca per nulla elevata. Dite la verità, lo sapevate?

Questo e molti altri aneddoti ce li racconta Gian Arturo Ferrari nel suo Libro (Bollati Boringhieri, 2014). Grazie a lui, per la prima volta il libro si mette a nudo e si racconta ai suoi lettori.

Ma più che un libro, quello di Ferrari è un viaggio, che conduce il lettore lungo un percorso affascinante che muove dalla nascita della scrittura, per approdare all’avvento dell’eBook. Un percorso organizzato sapientemente attraverso tre unità principali, che, come i poemi classici, non potevano non essere denominate anch’esse «libri».

In primis il libro manoscritto, in cui Ferrari dedica le sue osservazioni a un’archeologia del libro, riesumando le fondamenta dell’oggetto libro, mediante un’attenta ricognizione che va dalla nascita dei logogrammi, alla scrittura sillabica, all’alfabeto, dalla nascita dell’autore, a quella del lettore e del libro stesso, affrontando ogni questione con semplicità, senza ricadere in eccessivi tecnicismi.

Il libro stampato, in cui si descrivono tutti gli aspetti legati alle tecnologie della stampa, alla nascita dell’industria editoriale, dei generi letterari, senza tralasciare gli interrogativi che più hanno scaldato il mondo dell’editoria, come quello che Ferrari enuclea sfruttando una metafora biblica: pubblicare i libri di Dio, dall’alto contenuto letterario, o di Mammona, ritenuti di gradimento al pubblico? Ogni argomentazione è corredata da aneddoti, come si diceva, che alleggeriscono la lettura, evitando così la sensazione di leggere un manuale.

Infine, il libro elettronico, di cui si evidenziano pro e contro e su cui si fornisce un’analisi interessante e aggiornata, cercando di delineare anche un possibile scenario futuro.

Tramite quella che non vuole essere una storia del libro, ma che, solo in parte, finisce inevitabilmente per diventarlo, Gian Arturo Ferrari ha l’eccezionale capacità di introdurci in un universo che lambisce diversi mondi (economico, tipografico, letterario, industriale) e ci fa notare come un oggetto così radicato nella nostra – e non solo – cultura di occidentali abbia affrontato un lungo processo di maturazione, per il quale ha assunto forme e strutture diverse nella sua lunga vita, certamente di volta in volta definite, ma mai definitive.

Quali di preciso? Be’, la risposta vi aspetta in libreria.

(Gian Arturo Ferrari, Libro, Bollati Boringhieri, 2014, pp. 215, euro 10)

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