“Lezioni in paradiso”
di Fabio Bartolomei

di / 29 dicembre 2014

Fabio Bartolomei è entrato nella rosa dei miei scrittori preferiti grazie a We Are Family (e/o, 2013), un romanzo spettacolare, costruito come usando mattoncini Lego perfettamente allineati secondo forma e colore a creare un’architettura colossale ma, a vedersi, leggera come una piuma. Dunque non vedevo l’ora di leggere Lezioni in paradiso (e/o, 2014), per ritrovare le sensazioni che la storia di Al Santamaria e della sua famiglia mi aveva regalato: una storia superba e modesta, tenera e coraggiosa, in equilibrio tra l’intensità emozionale che raggiunge e la leggerezza con cui è scritta.

Le mie aspettative dopo tale gioiello sono ovviamente altissime e vengono immancabilmente deluse alla lettura di Lezioni in paradiso, un romanzo pieno di spunti interessanti e di personaggi geniali che però non entrano in luce, lasciando il loro aspetto più intrigante e profondo nella penna dell’autore, lo nascondono lì: personaggi impauriti dall’inevitabile confronto con quelli perfetti del romanzo precedente, già rassegnati a perdere, o forse solo timidi all’idea di essere sottoposti a una prova di qualità così difficile.

Anche ambientazione e storia sono stimolanti, eppure non collaborano a spingere i personaggi ad aprirsi con il lettore. La protagonista Costanza è un angelo custode che dal paradiso cerca di proteggere tra non poche difficoltà il suo diletto Goffredo; e le difficoltà che incontra nel svolgere al meglio il suo compito sono le stesse che incontrerebbe sulla terra, dovute a un sistema viziato da regole sbagliate, favoritismi immeritati e omertà della peggior specie. Tale parallelismo è un buon punto di partenza per la creazione di un ottimo romanzo, ma viene sviluppato troppo superficialmente e nella pagina si disperdono i dettagli che renderebbero giustizia a un materiale così valido e che esalterebbero i personaggi che il genio di Bartolomei sa immaginare. A cosa sono dovuti infatti gli improvvisi scatti d’ira di Assunta, dolce e mansueta suora Orsolina? A cosa sono dovute l’ostilità e la ribellione di Tiberio, custode che si finge un imam? A cosa sono invece dovuti gli onori e la reputazione di Gian Maria? E qual è la vera storia del loro capo? E tanti altri sono gli interrogativi che, una volta risolti e approfonditi, darebbero la giusta brillantezza e il giusto valore a personaggi, sia gregari sia protagonisti, così singolari e ricchi di attrattiva; e renderebbero la storia un vero teatro di miracoli d’ingegno e fantasia, e non, come pare ora, una stazione in cui i destini di custodi e diletti si incontrano troppo frettolosamente per potersi raccontare con la dovuta calma e dovizia di particolari.

Forse è colpa mia o delle maledette aspettative, fatto sta che Lezioni in paradiso è a mio parere un romanzo affascinante ma incompleto: avrei voluto scoprire di più, indagare, scendere a una profondità che se di solito è dissimulata da una scrittura leggera e piacevole, questa volta è volontariamente negata. Avrei voluto, a proposito, sfamarmi più a lungo della scrittura fluida e penetrante di uno scrittore che stimo moltissimo, una scrittura che in effetti non delude mai, nemmeno questa volta, capace di acrobazie circensi messe in scena con l’agilità e la disinvoltura di un pavone che fa la ruota.

(Fabio Bartolomei, Lezioni in paradiso, edizioni e/o, 2014, pp. 144, euro 15)

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