“Tre stanze per un delitto”
di Sophie Hannah

L’inaspettato ritorno di Hercule Poirot

di / 28 gennaio 2015

Ci sono due cose che potrebbero deviare il lettore che osserva la copertina dell’ultimo libro di Sophie Hannah, Tre stanze per un delitto (Mondadori, 2014): innanzitutto l’autografo di Agatha Christie in alto, e il sottotitolo Il ritorno di Poirot. Qualcosa non quadra: la Christie, morta nel ’76, aveva fatto a sua volta morire Poirot in Sipario. Come si spiega dunque la scelta di Mondadori?

Per la prima volta gli eredi della scrittrice hanno autorizzato un altro autore, Sophie Hannah appunto, a prendere in prestito il personaggio nato dalla penna della indiscussa regina del giallo. Si spiega quindi anche la dedica del libro alla Christie.

Così, come se nulla fosse successo, ritroviamo Hercule Poirot un giovedì sera al Caffè Pleasant a sorseggiare tranquillamente il caffè più buono di Londra, quando all’improvviso irrompe nella sala una certa Jennie, trafelata e spaventata. Poteva il detective belga starsene alla larga dal pericolo, anche quando decide di prendersi una meritata vacanza e trasferirsi in una pensione ubicata esattamente di fronte al suo appartamento? Ovviamente no, e anzi, ben presto scopre che la ragazza sta scappando perché teme di essere uccisa, ma… solo quando ciò avverrà, «giustizia sarà fatta».

Ciò non bastasse, ci si mettono anche tre omicidi al prestigiosissimo Hotel Bloxham a ingarbugliare la situazione. «Non riposino mai in pace» è quanto riportato su un bigliettino ritrovato alla reception. Poirot è chiamato a risolvere i casi Edward Catchpool, detective di Scotland Yard, tanto giovane quanto inesperto. Col tempo si sveleranno tutti i segreti relativi a Jennie e alle tre vittime, legati tutti all’apparente suicidio del reverendo di Great Holling (piccolo villaggio nei pressi di Londra), Patrick Ive, e della moglie. Ma anche quando la verità sembra ormai evidente, Poirot non è convinto, e grazie al perfetto lavoro delle sue celluline grigie uscirà a risolvere il fitto mistero con chiarezza e precisione.

La novità di questo romanzo è che si presenta come un resoconto dei fatti avvenuti, in cui la narrazione è affidata al detective Catchpool, che scrive i suoi ricordi per ripercorrere la storia che ha vissuto, così che rileggendola possa guardarla con distacco e non sentirsi più sconvolto. E così lo seguiamo mentre rievoca il primo incontro con Poirot, la difficoltà di guardare troppo a lungo i cadaveri distesi a terra col palmo delle mani rivolto verso il basso, a causa di un trauma infantile, il viaggio a Great Holling, mentre riferisce gli incontri di Poirot con i camerieri, con la grande pittrice Nancy Duncane e i suoi vicini.

La scena più interessante è però sicuramente quella finale, in cui Poirot sfoggia mirabilmente le sue doti nello svelare la verità nella sala grande dell’hotel, a una platea intenta ad ascoltarlo e pronta a meravigliarsi di fronte all’ennesimo delitto che si compirà di fronte ai suoi occhi increduli.

È questo il libro adatto a scaldare l’attenzione durante le fredde serate invernali, grazie alla suspense di cui è imbevuto e che cresce riga dopo riga. Non lasciatevi ingannare dalle dichiarazioni di verità troppo affrettate, perché in questo giallo niente è come sembra.

Per questo, dunque, grazie alla Hannah e… bentornato a Poirot!

(Sophie Hannah, Tre stanze per un delitto, trad. di Manuela Faimali, Mondadori, 2014, pp. 312, euro 18)“”

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