Edda @ Init, 8 Maggio 2015

di / 18 maggio 2015

Quando mi è stato detto di andare a vedere Edda, ho detto di si ma non sapevo bene chi fosse. O meglio, sapevo chi fosse per via dei Ritmo Tribale, band di alternative rock dei primissimi anni Novanta che ha ispirato e dato linfa a gruppi come Afterhours, Negrita e in parte anche Verdena e Marlene Kuntz. Così, dopo i successi di brani come “Sogna”,“Amara” e “Uomini”, con quasi venti anni di ritardo ho scoperto che nel 1996 EDDA decise di lasciare la band nel bel mezzo di un tour, per via di una crisi di identità che lo aveva colpito.

Il ritorno sulle scena avviene nel 2009 con l’album Semper biot, dove appunto Stefano Rampoldi si mette a nudo con tutte le sue debolezze e i suoi paradigmi. A seguito di questo successo forse anche inaspettato, nel 2012 esce Odio i vivi, un lavoro meno complesso dal punto di vista emotivo ma che gli permette di arrivare tra i finalisti dell’ambito Premio Tenco, anche grazie alle numerose collaborazioni. Lo scorso inverno è stato il turno di Stavolta come mi ammazzerai?, il terzo e per il momento ultimo album da solista di Edda.

E proprio quest’ultimo lavoro è stato presentato lo scorso venerdì 8 Maggio presso l’INIT di Roma, all’interno della rassegna MArteMagazine Reloaded per il ritorno della webmagazine MarteLive. La serata inizia piacevolmente, in apertura i Suntiago scaldano il pubblico con il loro frizzante pop-rock, melodie costruite alla perfezione e testi in italiano(!). Davvero un inizio di livello, tra ritmi africani e pop britannico. Sono ormai passate le 23 quando Edda ed il resto della band salgono sul palco. La loro esibizione è un vero concentrato di alt-rock, accompagnato da qualche elemento di elettronica, un mix di energia e resistenza che colpisce  per la vitalità senza mai nascondere la sofferenza ed il realismo, i fili conduttori di questa nuova carriera. In sostanza viene suonato tutto il nuovo album, lavoro incentrato sul ruolo della famiglia, sui conflitti interni e sulle dinamiche più intime che si manifestano in questo contesto.

“Pater” e “Mater” parlano proprio di questo, della morte e di Dio. Ciò che ha reso famoso Edda sono anche i suoi testi così espliciti: stiamo parlando di “Puttana da un euro”, “Ragazza porno” e “HIV”, poche allusioni e tanto disagio, tra violenza, droga, malattie e sesso.

Chi canta non sta millantando, ha davvero vissuto sulla propria pelle questo tipo di esperienze/dipendenze: un altro esempio è “Stellina”, tra suoni distorti e grida di disperazione. Unica piacevole eccezione risulta essere “L’innamorato”, puro cantautorato dai tratti sognanti. Per il resto, si passa da brani più intimisti (“Organza”) a quelli un po’ più ironici come “Peppa Pig” e “Ragazza meridionale” e non manca anche un classico che qualche anno fa era stato cantato con Manuel Agnelli, ovvero “Milano” città natale del Nostro. Il concerto dura circa novanta minuti, tra qualcuno che dal pubblico gli ricorda simpaticamente di non essere più un giovincello e altri che chiedono qualche pezzo del passato.

Edda regala ai circa centocinquanta presenti un live carico di suggestioni, rock italiano come non se ne vedeva da tempo, preludio di una carriera che sembra appena iniziata per questo vecchio leone e per i suoi ruggiti.

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