“Caravanserraglio”
di Francis Picabia

di / 22 gennaio 2016

Di fronte all’unico romanzo scritto dal pittore Francis Picabia nel 1924 e pubblicato per la prima volta in Italia da Edizioni Clichy (2015), la prima domanda che ogni lettore guidato dal buon senso dovrebbe porsi non è tanto cosa leggerà, bensì come lo leggerà. Infatti, gli si aprono due possibilità: considerare Caravanserraglio un libro come tanti e quindi proseguire indisturbato nella lettura, oppure ritenerlo un manufatto prezioso e quindi faticare un po’ di più e leggere anche le note a piè di pagina. Esatto: nonostante la esigua foliazione e il piccolo formato, si tratta di un’edizione criticamente accurata, dove le note illuminano quei significanti in cui il lettore inesperto non coglierebbe alcun significato nascosto.

Caravanserraglio è, per farla breve, un polpettone farcito di tutto, imbellettato con qualche poesia e in cui autore, narratore e protagonista diventano un’unica entità: raccontato in prima persona, il romanzo espone la vita quotidiana di Picabia, colto per esempio tra cene con l’amante Rosine Heuteruche (il pittore, d’altronde, era un donnaiolo di primo ordine e un abile seduttore), giochi d’azzardo al casinò di Montecarlo (in cui si colgono singolari personaggi il cui destino è in balia della cieca fortuna), gite in automobile (la più grande passione dell’artista), visite a mostre d’arte e simpatiche sedute spiritiche cui prendono parte anche Louis Aragon e André Breton. E proprio nelle situazioni di tutti i giorni l’autore fa partecipare sotto falso nome artisti come Marcel Duchamp, Pablo Picasso, Jean Cocteau, Max Ernst, e ne approfitta per esporre le sue idee in relazione alle questioni che più gli interessano: l’amore, i soldi, la letteratura, l’arte, la politica, la religione… Insomma, mai titolo fu più azzeccato per un’opera del genere!

Caravanserraglio offre inoltre un chiaro spaccato della società francese del periodo postbellico, quando all’ansia per la guerra si sostituisce un generale sentimento di riscatto, che negli anni Venti sembra far rivivere i fasti e l’opulenza della precedente Belle Epoque.

Ma ciò che più desta l’attenzione è sicuramente la presenza, sgradita allo scrittore, di un «giovane letterato, candidato al genio», Claude Lairencay, che (in)segue il protagonista ovunque egli si trovi, da Parigi alla Costa Azzurra, per leggergli il suo romanzo, L’Omnibus, introducendo così un secondo narratore e l’escamotage del romanzo nel romanzo. E a ben guardare, costui altri non è che un alter ego dello scrittore, che talvolta imbroglia, spacciando ad esempio per sue poesie che in realtà sono di Picabia, affinché quest’ultimo gli dedichi attenzioni e non lo tratti con superficialità. Si creano così giochi sottili e divertenti, per cui Picabia, schernendo Lairencay, sembra rinnegare la sua stessa opera.

Nonostante il 1924 sia un anno chiave per la storia dell’avanguardia europea (Breton pubblica il Primo Manifesto del surrealismo, che ne sintetizza e formalizza le idee e le tendenze espressive), Caravanserraglio sa ancora di Dada: non solo per i palesi e continui riferimenti, ma anche per la struttura. Il dadaismo – si ricorderà – mirava alla distruzione del linguaggio, all’irrazionalità e all’illogicità. Ebbene, le poesie qui contenute sono costruite sulla base di un generale non-sense, sono fatte di giochi verbali, onomatopee, di un linguaggio che abbandona ogni convenzione razionale. Si prendano i vv. 1-4 dell’ultima, Caoba: «La più grande disgrazia della vita è la vita. / Le lacrime somigliano alle stelle, / In una padella per friggere! / Il cielo è una macchina fotografica». E non si tralascino i titoli dei 12 capitoli, che sembrano posti casualmente, senza alcun collegamento con la trama!

Ma alla fine, Caravanserraglio non è un romanzo difficile. Ci richiede solo l’impegno di leggerlo con calma per apprezzarne il suo intrinseco valore.

 

(Francis Picabia, Caravanserraglio, trad. di T. Gurrieri e T. Spagnoli, Firenze, Edizioni Clichy, 2015, pp. 216, euro 12)

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LA CRITICA

Un voto di mezzo a un romanzo che potrebbe risultare lento e a tratti noioso per il grande pubblico, ma sublime e interessante per il lettore esperto.

VOTO

7,5/10

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