“Atlante di un uomo irrequieto”
di Christoph Ransmayr

Una raccolta di micro storie affascinanti dalla sfumatura autobiografica

di / 23 maggio 2016

Atlante di un uomo irrequieto copertina Flanerí

«Se ciascuno dei semi di araucaria che in quell’ora piovvero sui partecipanti al funerale, [… ] conteneva la possibilità di una vita arborea lunga mille anni, allora – […] – allora con quei semi stava cadendo su di noi, dai rami, una specie di eternità».

Non è mai stato un aereo che atterrava a Fiumicino a porre fine a un mio viaggio ma, piuttosto, il tamburellare eccitato delle sensazioni che scoprivo essersi cristallizzate improvvisamente in ricordi. I settanta racconti che compongono Atlante di un uomo irrequieto di Christoph Ransmayr (Feltrinelli, 2015) attraversano indenni il tempo e la storia. E mai, neppure una volta, assumono la forma di ricordo. Lo scrittore, infatti, attinge a verità e frammenti ancestrali che dilatano la consueta dimensione temporale del viaggio, mettendolo così a riparo da una sua conclusione definitiva.

E se l’ordine temporale viene annullato nella sua efficacia consueta, è grazie a un’evoluzione emotiva che Ransmayr riesce a ottenere una scrittura armoniosa, priva di crepe narrative. L’incedere dialogico, incastonato abilmente nei racconti, provvede a conferire ritmo, altrimenti schiacciato dalla brevità delle storie; unica pecca è la deriva poetica di alcuni passaggi che appesantiscono la struttura complessiva del libro e rischiano di far smarrire il lettore.

È proprio per non far perdere l’orientamento a quest’ultimo che Ransmayr invita a rivolgere lo sguardo verso il cielo, disseminato per la maggior parte dei racconti da un manto di stelle. A mo’ di guardiani della caducità mortale, le luminarie contemplate dallo scrittore austriaco disegnano le linee di questo atlante personale, tracciato interamente ricalcando le strade percorse e le persone conosciute. Non si tratta di vezzo poetico, né tanto meno di narcisismo autoreferenziale, Ransmayr è un incallito viaggiatore solitario, consapevole di poter trovare solo nelle stelle i custodi leali dei suoi pensieri.

È quel tocco di eterno con cui sigilla quasi tutte le storie e, in fondo, è quel tocco di eterno che ognuno di noi cerca di raggiungere in ogni suo viaggio.

 

(Christoph Ransmayr, Atlante di un uomo irrequieto, trad. Claudio Groff, Feltrinelli, 2015, pp. 361, 20 euro)

 

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LA CRITICA

Mai come protagonista ma sempre come osservatore sensibile, Ransmayr ci introduce nel suo passato, nei suoi incontri, nei suoi viaggi. Ne deriva un insieme di micro storie affascinanti, spesso toccanti, che culminano con rivelazioni autobiografiche inaspettate.

VOTO

7/10

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