“E due uova molto sode”
di Giovanni Nucci

Inutile e quindi assolutamente necessario

di / 10 maggio 2017

Dato che il volume si inserisce nella collana “Piccola biblioteca della letteratura inutile”, E due uova molto sode di Giovanni Nucci (Italo Svevo, 2017) è un libro che va letto assolutamente. Non fosse altro per rimanere stupiti di come le uova possano essere il filo conduttore di quello che è, o produce l’animo umano. Nucci, che è primariamente scrittore per bambini, oltre che poeta, si diverte a congegnare un lavoro spiazzante e colto, ironico e riflessivo, onirico e pratico.

«L’uovo ha di per sé un che di nascosto: è il contenitore di se stesso, ma non rivela ciò che contiene (o meglio, se contiene veramente ciò che dovrebbe: un pulcino o il suo disavanzo). E questo lo rende inafferrabile. Così per quanto appaia essenziale e molto semplice, in potenza già racchiude tutta la complessità dell’universo, in ogni sua futura possibilità. È al contempo il creato e la creazione», scrive Nucci che snocciola Caldarelli ma si diverte a tenere assieme anche Giorgio Manganelli, Carlo Emilio Gadda, don Sturzo e Giacomo Matteotti.

E due uova molto sode è un libro, insomma, che si diverte a creare rendicontazioni culinarie, laddove sono le parole a cucinare situazioni paradossali e quindi – proprio per questo motivo – doppiamente reali. Nucci quindi dipinge storie simboliche come le frittate alle cipolle di Guido Alberti, l’invenzione delle uova Benedict, la menzogna e le uova in Federico Fellini, il soufflé e il declino dell’occidente nelle cartoline di Bartolomeo Polidoro, la lezione sulla messa in scena di Norton Bernard sull’uovo in Hamlet che si tiene nel Senese.

C’è molta patafisica in questo volume che è sì un pamphlet sulla struttura stessa dell’essere (come concetto) e dell’avere (come struttura dell’essere), ma la cura con la quale Nucci si propone di procedere nell’argomentare i suoi racconti rasenta un divertissement che trascende genere e stile e fa di questo libro una fiaba. Una fiaba per adulti, filosofica, verrebbe voglia di dire.

Se la scrittura diventa ciarliera, il metodo di scrittura è analitico e molto alto. Inutile, mutuando il senso dal titolo della collana della casa editrice, e quindi assolutamente necessario, se si vuole capire cosa possa – per esempio – essere passato nella testa di Carmelo Bene che (a differenza di quanto avviene nel libro) ha messo in scena il capolavoro shakespeariano: in queste pagine Nucci porta avanti ciò che la materia è e può diventare.

In parte usciti sul supplemento domenicale di Il Sole 24 Ore, questi sette pezzi sembrano poter dimostrare insomma, come accaduto già per Tommaso Landolfi con il suo Un paniere di chiocciole (scritti allora apparsi sul Corriere della Sera), che il resoconto giornalistico e la grande scrittura possono convivere alla grande. E che giornalismo e narrativa possono diventare così «due uova molto sode».

 

(Giovanni Nucci, E due uova molto sode, Italo Svevo, 2017, pp. 118, euro 14)
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LA CRITICA

Cucina, cultura, teatro, arte, invenzione, critica e perfino radiodrammi: in questo volumetto di Giovanni Nucci ci sono ricette alchemiche per lettori dal palato fino.

VOTO

8/10

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