Libri
L’estenuante attesa come metafora della vita
“Il deserto dei Tartari” di Dino Buzzati
di Giovanna Nappi / 29 novembre
Se mi fosse permesso di scegliere, tra gli impulsi più comuni dell’uomo, quello più pericoloso, sceglierei l’indolenza. Essa, di sottecchi, agisce sull’esistenza, come l’acqua scava la pietra: lentamente, ma in maniera inesorabile. Un personaggio letterario su tutti rappresenta l’incarnazione dell’indolenza: il sottotenente Drogo, protagonista del romanzo di Dino Buzzati Il deserto dei Tartari, pubblicato per la prima volta nel 1940.
Dopo esser diventato ufficiale, il giovane Giovanni Drogo viene assegnato alla Fortezza Bastiani, antico avamposto le cui glorie del passato hanno lasciato spazio ad una placida vita ai confini settentrionali del Regno. Infatti, i famosi Tartari da cui avrebbe dovuto difendere la popolazione non compaiono più all’orizzonte da diverso tempo.
L’arrivo alla fortezza è quindi, per Drogo, fonte di grande delusione, tanto da spingerlo a chiedere un trasferimento immediato altrove, più vicino alla città. Si lascia convincere a restare in sede per quattro mesi, e di approfittare della prima visita medica utile per ottenere l’agognato trasferimento.
I propositi iniziali devono però confrontarsi con un nuovo sentimento, che inizia a insinuarsi in lui: infiniti spazi e infinite possibilità si stagliano davanti ai suoi occhi con l’arrivo di un cavallo all’ingresso della fortezza, evento sicuramente inusuale per le abitudini dei soldati. Un arrivo improvviso cambia immediatamente lo scenario di Drogo, così quel deserto, che fino ad allora gli era apparso così desolato, assume adesso i contorni dell’avventura e della gloria, come se quell’apparizione celasse molto altro.
A partire da questo momento inizia una nuova vita per Giovanni Drogo, che diviene il pretesto narrativo per Buzzati per raccontare una condizione umana in cui è troppo facile immedesimarsi.
Quell’incapacità all’azione, quell’indolenza appunto, che ci coglie nel qui e ora; quella pigrizia mentale a prendere qualsiasi iniziativa. È piuttosto tipico rimandare a un futuro poco prossimo le decisioni che non si è in grado di prendere seduta stante, poiché esse implicherebbero mettersi in discussione. Siamo così abituati a non cogliere l’occasione mentre ci raccontiamo che il futuro ci riserva opportunità migliori, che la vita spesso ci scorre fra le dita senza che nulla sia davvero accaduto. È questa dilatazione del tempo che rende Il deserto dei tartari un classico eccezionale.
La grandezza di Buzzati sta anche in questo: nell’avvicinare il lettore a ciò che egli più considera lontano da sé, come l’esistenza di un soldato isolato dal resto del mondo.
La sua prosa allo stesso inesorabile ed elegante ci accompagna in questa consapevolezza, la stessa consapevolezza di cui entrerà in possesso Drogo, probabilmente troppo tardi.
Non è un caso che Il deserto dei Tartari abbia decretato il successo letterario di un autore controverso e assolutamente da (ri)scoprire.