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Gli occhi su una lingua “minore”

Intervista a Monika Woźniak sul binomio letterario Italia-Polonia

di Andrea Rényi / 14 dicembre

Ho avuto il piacere di incontrare Monika Woźniak in un circolo dei lettori romano e solo il suo aspetto insolito a queste latitudini, e naturalmente il cognome, mi hanno fatto capire che non è italiana, perché il suo italiano è perfetto ed è anche privo di accento. Monika si è laureata in Filologia polacca all’Università Cattolica di Lublino e in Filologia italiana all’Università Jagellonica di Cracovia. Ha conseguito il PhD in scienze umanistiche con una monografia sul fantastico nella narrativa di Tommaso Landolfi e dal 2008 è professoressa associata alla  Sapienza,  specializzata in teoria della traduzione, traduzione letteraria, traduzione audiovisiva, traduzione e letteratura per l’infanzia e nell’analisi del discorso. Il suo perfetto bilinguismo le consente di tradurre autori polacchi in italiano (e viceversa) fra i quali Moravia, Fallaci, Camilleri, Agus, e Mazzucco. È anche autrice di numerosi articoli scientifici in polacco, italiano e inglese.

Queste note biografiche per dire che Monika Woźniak rappresenta l’occasione da non perdere per avvicinarsi al binomio letterario
Italia-Polonia:

Cara Monika, potresti presentarti ai nostri lettori e raccontarci del tuo rapporto con la lingua italiana? Perché e com’è nato?

Sono alta, bionda e non del tutto decrepita, anche se abbastanza grande da ricordarmi bene i tempi del comunismo. E infatti proprio allora, quando frequentavo ancora il liceo, era cominciata la mia avventura con la lingua italiana, complici l’opera lirica e – sorprendentemente – l’Ungheria. Infatti, grazie al negozio di Hungaroton, aperto a Varsavia all’inizio degli anni Ottanta, che aveva tanti dischi di musica classica non reperibili altrove in Polonia, avevo cominciato ad ascoltare le registrazioni di opera lirica, correlati anche di libretti completi. Mi era venuta la curiosità di capire che cosa dicono i personaggi… mi ero messa a studiare la lingua prima da sola, poi ho trovato qualche corso (non era un’impresa facile in quei tempi in una città come Lublino, dove abitavo), insomma, il mio interesse per la lingua e la cultura italiana continuava a crescere. A un certo momento ho avuto un’illuminazione: voglio proprio studiare l’italiano all’università! Stavo per concludere gli studi di polonistica all’Università cattolica di Lublino, ma ero riuscita a farmi ammettere anche a Italianistica a Cracovia. E voilà, eccomi 50% polonista e 50% italianista.


Sei docente e ricercatrice, e hai firmato diverse traduzione dal polacco all’italiano e viceversa. Ce ne puoi parlare, anche rispetto alle difficoltà che incontrano i traduttori fra queste due lingue?

Il bello del mio lavoro è poter conciliare l’aspetto pratico e quello teorico della traduzione. Insegnando la letteratura italiana in Polonia, mi era venuta l’idea di tradurre in polacco le poesie italiane del Duecento che in originale i miei studenti stentavano a capire. Così è nata l’antologia Prima di Petrarca (Przed Petrarka, Collegium Colombinum, 2005). Adesso, devo confessarlo, traduco soprattutto i libri che mi propongono le case editrici, ma le mie esperienze diventano spesso uno spunto utile per le lezioni e i workshop con gli studenti. E lavorando tra l’Italia e la Polonia posso anche invertire il punto di vista riguardo al processo traduttivo. Direi che il problema maggiore da affrontare quando si traduce tra il polacco e l’italiano è il registro stilistico. L’italiano è sempre stata una lingua scritta, letteraria, mentre il parlato veniva affidato ai dialetti. Fino al giorno d’oggi la scrittura tende ad alzare il registro rispetto al parlato, e se vuole proprio abbassarlo, si avvale di elementi dialettali. In Polonia questo divario non è mai stato così pronunciato, anzi, la lingua parlata o perfino il gergo penetrano facilmente nei testi letterari, che altrimenti darebbero l’impressione di essere alquanto pretenziosi o artificiali. Trovare un giusto equilibrio nel passaggio tra il registro stilistico “italiano” e quello “polacco” mi sembra più arduo che risolvere tipici problemi di equivalenza lessicale, giochi linguistici ecc.


Sei certamente un’esperta anche delle due letterature, quindi sorge spontanea la domanda: come vedi la letteratura polacca tradotta in italiano? Rappresenta sufficientemente la produzione di quel paese oppure noti qualche lacuna da colmare? Che titoli consigli al lettore italiano digiuno di letteratura polacca come primi passi da compiere per cominciare a orientarsi?

La letteratura polacca non ha mai avuto molta popolarità in Italia, essendo il polacco una lingua poco conosciuta e considerata esotica. Inoltre, per molto tempo non ha avuto fortuna di trovare bravi traduttori. Sconsiglierei vivamente di leggere vecchie traduzioni di classici polacchi, fatte di solito da dilettanti e di regola non dalla lingua originale ma da altre lingue come francese, russo, tedesco… Per fortuna è appena uscita una nuova traduzione del capolavoro del romanticismo polacco, il Pan Tadeusz (Messer Taddeo, Marsilio, 2018, a cura di Silvano De Fanti) di Adam Mickiewicz (una lettura assai più divertente dei Promessi sposi).

La situazione è migliore per quanto riguarda la letteratura contemporanea. Se il Nobel per la letteratura conferito a Czesław Miłosz nel 1980 non ha fatto molto per rendere lo scrittore conosciuto in Italia (nonostante ci siano delle traduzioni, e fatte anche bene!), diverso è il caso di Wisława Szymborska (premio Nobel nel 1996) amatissima in Italia e letta non solo dai polonofili.

Piace anche Ryszard Kapuściński, viaggiatore e reporter, tradotto quasi per intero in italiano. I miei studenti leggono invece con tanto entusiasmo Andrzej Sapkowski, il più famoso autore fantasy polacco, pubblicato dalla editrice Nord[i]. Cercando, si trovano nelle librerie e nelle biblioteche anche altri narratori, come Andrzej Stasiuk[ii], Pawel Huelle[iii], e Olga Tokarczuk[iv].


Come giudichi invece la letteratura italiana reperibile in traduzione polacca? Chi sono gli autori italiani di maggior successo?

La letteratura italiana ha sempre svolto un ruolo molto importante in Polonia e ha dato uno stimolo fondamentale allo sviluppo della letteratura nazionale, ma per molti secoli vi arrivava in una maniera selettiva: ad esempio Castiglione, Tasso e Ariosto furono tradotti nel Rinascimento, Marino nell’età barocca, ma la prima traduzione polacca del Decamerone risale al Novecento. Gli autori importanti dello scorso secolo sono stati tradotti quasi tutti; non tutti hanno avuto un successo durevole, ma dopo la seconda guerra mondiale sicuramente Moravia e Calvino ne ebbero. Oggi si pubblica soprattutto la letteratura di successo: i gialli di Camilleri, di Manzini, di Malvaldi, i romanzi di Elena Ferrante, la produzione per l’infanzia di Geronimo Stilton e i romanzi d’avventura di Pierdomenico Baccalario.
Ringrazio Monika Woźniak per questa panoramica, per gli spunti e i suggerimenti di lettura. Le auguro buon lavoro e spero di poter leggere sempre più autori polacchi in italiano e di vedere nelle vetrine delle librerie polacche tanti buoni titoli italiani, facendo uso e tesoro dei risultati delle sue ricerche e dei suoi studi relativi alle tecniche di traduzione.

 

[i] Il sangue degli elfi, Il guardiano degli innocenti, La spada del destino, La stagione delle tempeste, Il battesimo del fuoco, Il tempo della guerra, La signora del lago, La torre della rondine, La strada senza ritorno, tradotti da Raffaella Belletti.

[ii] Il mondo dietro Dukla, traduzione di A. Amenta e L. Quercioli Mincer; Il cielo sopra Varsavia e Corvo bianco, tradotti da L. Quercioli Mincer; tutti titoli pubblicati da Bompiani.

[iii] Mercedes-Benz. Da alcune lettere a Hrabal, Voland, 2007, traduzione di Raffaella Belletti

[iv] L’anima smarrita, TopiPittori, traduzione di Raffaella Belletti; Guida il tuo carro sulle ossa dei morti, nottetempo, traduzione di Silvano De Fanti; Casa di giorno, casa di notte, Fahrenheit 451, traduzione di Raffaella Belletti; Nella quiete del tempo, nottetempo, traduzione di Raffaella Belletti; Che Guevara e altri racconti, Forum Edizioni, traduzione di Silvano De Fanti