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Musica

La folle malinconia di Mac Demarco

"Here Comes the Cowboy", il nuovo album dell'artista canadese

di Luigi Ippoliti / 19 giugno

Quando ci si imbatte nella traccia numero sei di Here Comes the Cowboy, “Choo Choo”, è facile chiedersi qualcosa di simile a «Perché continuo ad ascoltare Mac DeMarco?» Su una base funky, il cantautore canadese con il suo falsetto riproduce il suono del treno per tutti i quasi tre minuti di canzone. Un brano che sembra non avere ragione di esistere, buttato lì a caso.

La risposta è piuttosto facile: DeMarco è anche questo, DeMarco è così, DeMarco è la boutade alla DeMarco. È il nonsense delle interviste su Weird Wibes e il tentativo di autopenetrazione anale con una bacchetta durante un concerto. Quindi è anche il cantare il suono di un treno, come in una canzone per bambini nichilisti «Choo Choo/Take a ride with me/Choo Choo/Come and die with me».

Nel suo universo nulla è serio e quindi tutto risulta incredibilmente serio. Ma soprattutto vero. Perché Demarco è, nel bene e nel male, autentico. Here Comes the Cowboy, il suo quinto album, è qui e ce lo testimonia.

Forse leggermente meno ispirato del suo bellissimo predecessore, il suo nuovo lavoro ci mostra comunque un cantautore che è arrivato a un certo punto della sua carriera ancora carico e ispirato. Come in This Old Dog, è il tempo a farla da padrone. Per quanto il personaggio DeMarco possa a volte ingurgitare l’artista DeMarco, non bisogna scordarsi delle sue notevoli qualità artistiche. Ma ciò che conquista è la sua capacità nel saper gestire il tempo. Here Come the Cowboys, come il suo predecessore, ha un tempo interiore che differisce da quello di molte pop/rock alternative band di oggi. Lui decide quando far accadere una cosa e la cosa è percepibile, quasi tangibile.

Anche perché un’apertura come “Here Comes the Cowboy” è quello che qualsiasi produttore sconsiglierebbe, anzi, che prenderebbe e cestinerebbe, agli antipodi con la ricerca di immediatezza e fruibilità: tre minuti precisi dello stesso giro di chitarra e la voce annoiata che ripete unicamente «Here Comes the Cowboy».

L’idea di noia è qualcosa che appartiene a quest’album. Una noia, però, non stantia. Una noia che si inerpica lungo i tredici brani, li prende e li fa splendere.

In questo DeMarco è eccezionale: riuscire a far sembrare divertente, o quantomeno piacevole, anche una cosa noiosa.

Facilitato dall’immaginario suggerito dal Cowboy del titolo, il sound è un country suonato sulla luna in un futuro remoto, scritto da uno che si finge lo scemo del villaggio. Forti sono come sempre le influenze di Damon Albarn, sia nel modo di inclinare la voce, ma anche per quanto riguarda alcune soluzioni: “Baby Bye Bye” sembra il lato disilluso di “Tender”.

Here Comes the Cowboy non è a livello di This Old Dog, ma riesce a tenere botta con il tempo che, in ogni caso, continua a passare. Mac DeMarco è un’artista che si spende, che si dà. Mac DeMarco è l’amico fuori di testa a cui invidi il suo talento senza odiarlo mai.

LA CRITICA - VOTO 7/10

A due anni da This Old Dog, Mac DeMarco torna con il suo nuovo album, Here Comes the Cowboy. Meno ispirato del precedente, riesce comunque a splendere di luce propria, tra il nonsense e la malinconia.