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Libri

Una Polaroid dell’estate 1989

“Mentre tutto cambia” di Fabio Guarnaccia

di Fernando Coratelli / 20 aprile

Ci sono romanzi che sembrano dei frame di una pellicola: un film che è la vita. È questa l’operazione che mette in scena Fabio Guarnaccia nel suo terzo romanzo Mentre tutto cambia (Manni Editori, 2021). A voler continuare questa metafora, direi che Guarnaccia ha tirato fuori dal cassetto una foto Polaroid dell’estate 1989, coi colori accesi che tendono a sbiadire come tutte le foto Polaroid dopo parecchi anni.

La storia prende il via tra Gorla e Precotto nella periferia milanese, ai tempi degradata e che oggi invece va assumendo sempre più i contorni di un nuovo salotto. Ci sono quattro adolescenti, anzi quattordicenni per essere precisi, che hanno appena finito l’anno scolastico, il primo delle superiori. Davanti a loro si prospetta l’immobilità dei giorni di vacanza, l’afa milanese, le giornate lunghe e uguali, in attesa di quelle poche settimane di mare che faranno. Nel frattempo giocano in una vecchia casa diroccata di fianco a una discarica a cielo aperto. Quello è il loro rifugio, anzi la loro sede – è roba loro, e come accade spesso a quell’età, ci si appropria di qualcosa e si comincia a difendere il territorio, a escludere gli altri, o a invitarli facendo sì che chiunque lo percepisca come una concessione. Ed è così che un giorno il Vela (il narratore), il Best, Ivan e Paolino (questi i nomi dei quattro amici) fanno una lugubre scoperta che li sconvolgerà e sancirà la definitiva uscita dall’infanzia: nel rifugio trovano il cadavere di un ragazzo un po’ più grande di loro, morto nella notte di overdose. Lì per lì non sanno cosa fare. È la prima volta che si misurano con la morte, che la vedono, che la annusano. Hanno il terrore che la denuncia di quel ritrovamento possa far perdere loro quella via di fuga che rappresenta il nascondiglio. Poi un po’ per caso finiscono col seppellirlo tra i rifiuti.

In quell’occultamento, però, c’è un senso di colpa che li pervade. Cercano di lenirlo improvvisando un funerale con l’acqua santa della nonna del Vela. Ma non basta. Comincia a risentirne anche la loro amicizia, o meglio il disagio creato da quella situazione inizia a far trapelare i non detti tra di loro. Fabio Guarnaccia rappresenta con una certa arguzia narrativa l’amicizia adolescenziale maschile impastata da lunghi silenzi, sfottò, prove di forza ed emulazioni. Poi si addentra nei meandri familiari, nelle dinamiche quotidiane dei personaggi. In particolare quella del narratore, il Vela, che vive in un piccolo appartamento ed è costretto a dividere la stanza e il letto con sua nonna. Suo padre è un marxista-leninista irriducibile, nonostante stia finendo il decennio del «Riflusso» e manchi poco alla caduta del Muro, di cui però ormai si percepiscono gli scricchiolii. Le tensioni familiari si ripercuotono su di lui, che è appena stato bocciato al primo anno di un istituto tecnico. L’autore descrive bene il mondo interiore in fermento del protagonista che però al contempo comunica poco e niente con gli altri, anche con i suoi amici. È innamorato di una ragazza, che a differenza sua è molto più sfacciata e sicura di sé. Desidera il Caballero, il motorino che ha il suo amico Paolino, che gli fa sognare la libertà. Osserva i confini della periferia che sono il centro del suo mondo, mentre «Milano era un’entità indefinita con la quale le nostre vite confinavano, ci attraeva ma non ne avevamo veramente bisogno, era lì come una frontiera invisibile che non avremmo varcato». Poi un giorno varca quel confine e arriva fino in centro, in un negozio in cui compra un braccialetto borchiato identico a quello che indossava il ragazzo morto per overdose.

Questa semplice azione diventa la prima grande conquista del Vela, una vera e propria autoaffermazione, tanto è vero che decide di dare un nome al ragazzo morto e seppellito nella discarica. Lo chiama «il Troisi», perché assomiglia all’attore napoletano, e comincerà a chiamarlo così anche con gli altri. Non è ancora un passaggio del protagonista da comprimario a soggetto alpha del gruppo ma è di certo una presa di coscienza di sé. L’autore, attraverso la memoria di quegli eventi, sottolinea le criticità di quell’età ancora adesso spesso dimenticate o relegate in secondo piano. E Guarnaccia lo scrive apertamente, quando il Vela – dopo aver risposto a suo padre che gliene chiede la provenienza – afferma che «quel braccialetto mi faceva sentire diverso, pericoloso, come un ragazzo maledetto che se la fa con cose più grandi di lui».

Mentre tutto cambia è la ricerca di quel punto di non ritorno che ciascuno di noi ha vissuto nell’adolescenza, una presa d’atto a posteriori, un’accettazione di ciò che si è diventati. Alla fine è guardare quella foto Polaroid senza la nostalgia o la malinconia che accompagna quel genere di narrazioni.

Mentre tutto cambia è un romanzo spiccatamente milanese, dalla voce del narratore alla lingua dei dialoghi e alla costruzione delle frasi, eppure ha un respiro universale, quello del ricordo di ciascuno di noi quattordicenne, quello delle periferie che da Nord a Sud travolgono o hanno travolto il Paese. In un’Italia sempre più romanesca, nelle scelte talvolta ridicole di un certo cinema o di alcune serie nostrane, il romanzo di Guarnaccia riesce a inquadrarsi geograficamente, a essere vero, vivo e al contempo a portarci alle sensazioni ataviche che chiunque di noi ha vissuto.

Molto riuscito è un passaggio in cui, per restare in ambito di metafora cinematografica o teatrale, l’autore crea una sorta di freeze, che lui definisce «un paesaggio nell’ambra», nel quale il narratore ormai adulto passa in mezzo ai personaggi e all’intera scena immobilizzata. È un punto di contatto fra presente e passato, tra l’adesso e la memoria, in cui il protagonista cerca di rimettere a posto dei tasselli che a quel tempo non era in grado di comprendere fino in fondo, appunto perché allora era in transizione, stava cambiando.

A voler essere critici, forse alcuni passaggi potevano essere sviluppati maggiormente: in particolare il rapporto con Gloria, la ragazza di cui il Vela è innamorato, si chiude repentino e, tranne un passaggio in cui il protagonista ne parla con il Best, non resta molto altro; a quattordici anni i primi approcci sessuali portati a conclusione diventano forse ancor più mitici di quel che nel romanzo si racconta, perlomeno nell’intimità del personaggio.

Al di là di questo e di alcuni dialoghi cui si sarebbe potuto dare più consistenza, la scrittura di Guarnaccia è aderente alla narrazione, ben equilibrata, evocativa ed esatta nelle immagini, senza eccedere mai in analogie e metafore; inoltre risuona fortemente regionalizzata pur senza mai incorrere in forme dialettali macchiettistiche, un’operazione complessa e ben riuscita.

 

(Fabio Guarnaccia, Mentre tutto cambia, Manni Editori, 2021, 144 pp., euro 14, articolo di Fernando Coratelli)