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Ognuno sulla propria isola

“Qui non crescono i fiori” di Luca Giordano

di Fernando Coratelli / 10 maggio

Avevo già avuto modo di leggere Qui non crescono i fiori di Luca Giordano nel 2013, quando uscì la prima volta per ISBN Edizioni. Rileggerlo a distanza di otto anni, riedito da TerraRossa Edizioni nella collana Fondanti, mi ha permesso di ripensare e riflettere su elementi del romanzo che la prima volta mi erano sfuggiti. La storia, così come lo stile asciutto e di forte impatto visivo, cinematografico, li avevo ben presenti. È innegabile per esempio che Luca Giordano abbia una passione per Guillermo Arriaga e Alejandro González Iñárritu. Tanto da poter dire, allora come oggi, che Qui non crescono i fiori sembra il quarto capitolo di Amores perros, il film che portò al successo Iñárritu e Arriaga.

Il romanzo racconta di due fratelli, Damiano e Salvatore, che restano appiedati con il loro Ape in aperta campagna sull’isola in cui vivono. L’isola si trova in un mare del profondo Sud e non viene mai nominata, ma da vari indizi la si può identificare con Lampedusa. Damiano lascia il fratello dodicenne da solo e torna verso la casa/officina del padre per cercare aiuto. Quando arriva, trova suo padre con Pietro – un amico di Damiano che lavora nell’officina – che tentano di montare un’antenna parabolica sul tetto. In poche pagine e con poche ma perfette pennellate, Giordano ci fa capire i rapporti e le incomprensioni fra i personaggi in scena. La gelosia di Damiano verso il fratellino, il padre che beve oltre il lecito e che per ogni cosa incolpa il figlio grande, e la mancanza o sparizione della madre/moglie Alice. Una famiglia di maschi senza donne, cui si aggiunge Pietro, l’amico e aiutante dell’officina.

Rimasto da solo a tenere d’occhio l’Ape, Salvatore viene aggredito da un cane randagio che lo morde. Questo evento, ancorché traumatico, apre un’irrefrenabile curiosità di Salvatore nei confronti dei cani, fino a adottarne uno di nascosto che tiene in una cascina abbandonata, nonostante il padre gli abbia sempre intimato di non entrare lì mai per nessuna ragione. Intanto, Damiano sogna di abbandonare l’isola, e con Pietro pensa di iscriversi alle selezioni del Grande Fratello: quale occasione migliore per andare via e diventare ricco e famoso?

Queste sono le linee guida, le tracce lasciate dai personaggi sulla polvere delle strade di campagna dell’isola. È sempre pericoloso andare alla ricerca di riferimenti letterari che talvolta ingombrano più che spiegare, tuttavia leggendo il romanzo di Luca Giordano mi sono trovato a ripensare a una voluminosa letteratura americana della provincia che nell’ultimo lustro ha sbancato, perlomeno in Italia, in libreria. Per esempio mi sono tornati in mente alcuni passaggi di Ruggine americana di Philipp Meyer – o meglio a una certa relazione fra ambienti familiari, desiderio di fuga, degrado e sogni irrealizzabili – e ho capito che i personaggi di Qui non crescono i fiori sono ciascuno un’isola a sé stante, come quella su cui vivono. Il principale motore è l’incomunicabilità, l’incapacità di esprimere se stessi e mostrarsi all’altro per quel che si è e per quel che si prova.

Salvatore vorrebbe un cane ma ha paura di dirlo a suo padre. Damiano odia suo fratello e sogna la fuga dall’isola, Pietro di nascosto manomette le auto dell’isola per far sì che l’officina non debba chiudere. Infine Mario, il padre di Salvatore e Damiano, ha un segreto ancor più inconfessabile che riguarda la madre dei ragazzi, che una mattina è scomparsa nel nulla – perlomeno questo è ciò che sa Salvatore.

È in questi non detti, in questi passati oscuri, nel caldo che tormenta, nel sole che non dà tregua, nella terra polverosa, nella solitudine di ciascun personaggio, perfino in quelli di contorno (come la vecchia vedova che non si arrende alla morte del marito e continua a aspettare che rientri, che apra la porta di casa e si palesi) che ognuno di loro si costruisce la propria isola. Come in Ruggine americana c’è sempre una tragedia alle porte, quasi a sottolineare che solo una tragedia può scuotere l’immobilismo in cui galleggia quella realtà. È di tragedia in tragedia che progredisce la vicenda, che le isole di ciascuno come terre alla deriva si toccano e si scontrano – e qui torna Amores perros.

Qui non crescono i fiori è un romanzo crudo, tanto vero quanto ineluttabile, in cui il lettore vede con precisione i personaggi, li vede senza ombre, ma solo perché le ombre a mezzogiorno sono cortissime, vede e sa che non può fare niente per cambiare la realtà, o il destino se si preferisce. E sullo sfondo resta solo una barca, nascosta in un anfratto, l’unico mezzo capace di connettere fra loro le isole, il piccolo segreto di famiglia, l’unico momento di unione.

 

(Luca Giordano, Qui non crescono i fiori, TerraRossa Edizioni, 2021, 216 pp., euro 15,90, articolo di Fernando Coratelli)