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Manuale per apprendisti lettori

A proposito di “Lezioni di letteratura” di Vladimir Nabokov

di Davide Tamburrini / 11 aprile

Poche settimane fa le Lezioni di letteratura di Vladimir Nabokov (Adelphi, traduzione di Franca Pece) sono state protagoniste di una ripubblicazione in edizione tascabile. Un’occasione per fare una panoramica su un’opera di saggistica di cui non si sente parlare spesso quando si ha a che fare con l’autore russo, ancora troppo legato al nome del suo capolavoro, Lolita.

Dopo una vita di fughe più o meno forzate fra Cambridge, Berlino e Parigi, nel 1940 Nabokov si trasferì negli Stati Uniti, dove rimase per circa un ventennio prima di tornare in Europa e stabilirsi definitivamente in Svizzera. Mentre la notorietà e una certa agiatezza economica giunsero soltanto in seguito – Lolita sarà pubblicato nel 1955 a Parigi –, almeno per i primi tempi Nabokov dovette alternare al mestiere di scrittore quello di professore, diviso tra il Wellesley College e la Cornell University a Ithaca, dove venne nominato Associate professor in slavistica. Fu proprio qui che tenne i suoi corsi Letteratura 325-326, “Letteratura russa in traduzione inglese”, e Letteratura 311-312, “Maestri della narrativa europea”, soggetto-oggetto di cui si occupa questo Lezioni di letteratura, curato da Fredson Bowers (volume a cui segue idealmente Lezioni di letteratura russa, disponibile al momento soltanto nella collana Biblioteca Adelphi). Il corso prevedeva la «lettura di una selezione di romanzi e racconti inglesi, russi, francesi e tedeschi dell’Ottocento e del Novecento, con particolare attenzione al genio individuale e ad aspetti strutturali».

Gli autori scelti testimoniano dell’agilità con cui Nabokov riusciva a passare indifferentemente attraverso culture e lingue diverse: Charles Dickens, Robert Louis Stevenson, Jane Austen e James Joyce per la lingua inglese; Gustave Flaubert e Marcel Proust per la francese; Franz Kafka per il tedesco. Un’attenzione critica che non si concentra nella sola analisi della struttura e dello stile, ma anche nella combinazione di particolari che serve a far scoccare quella scintilla sensoriale senza la quale un libro sarebbe nient’altro che un mero contenitore di parole. È impossibile godere appieno della bellezza di Stevenson senza immaginare esattamente la facciata e gli interni della casa del dottor Jekyll, specchio fedele dell’animo del dottore, la sua architettura composita, finzione metafisica e letteraria.

Entomologo esperto, abituato a osservare per ore le collezioni di lepidotteri che si impolveravano nei vari dipartimenti delle università in cui insegnava, Nabokov predilesse sempre un approccio “induttivo” alla letteratura: compito del lettore è «prestare attenzione ai particolari», coccolarli e carezzarli, prendendo familiarità con le loro forme più segrete. Un’impostazione confermata anche nell’introduzione a cura dello scrittore americano John Updike, che riporta la curiosa testimonianza di alcuni dei suoi ex alunni: disprezzando gli approcci alla letteratura di movimenti o scuole, Nabokov consigliava loro piuttosto di soffermarsi sui dettagli e le minuzie nascoste fra le pagine; oppure, preso da un furore apostolico, ricordava uno dei suoi dogmi fondamentali: «Lo stile e la struttura sono l’essenza di un libro; le grandi idee sono risciacquatura di piatti». Come si potrebbe apprezzare fino in fondo l’Ulisse di Joyce se non con una cartina di Dublino sottomano sulla quale tracciare pedissequamente gli itinerari intrecciati di Bloom e Stephen?

Un percorso, quello della scrittura, anch’esso irto di ostacoli, minacciato dal rischio di finire nelle paludi del luogo comune o nelle sabbie mobili delle banali generalizzazioni. Il grande artista non può far altro che inerpicarsi su questa crina impervia per tentare di arrivare in cima e incontrare niente meno che il lettore, «ansante e felice», avvinghiato al suo autore in eterno – se il libro durerà in eterno. Eppure, anche il semplice atto di leggere può dimostrarsi più complicato del previsto: nell’istante in cui voltiamo la copertina e cominciamo a scorrere le parole di un libro, ogni riga non fa che coglierci continuamente alla sprovvista, impreparati al ritmo della sua sintassi. Ecco perché un libro non si legge: un buon lettore non è altro che un rilettore – «A good reader, a major reader, an active and creative reader is a rereader» –, e solo rileggendo un libro si può sperare di raggiungere quel «godimento artistico» che rappresenta l’agognata ricompensa di ogni sforzo affabulatorio.

D’altronde, è proprio nel suo carattere di fabula che il romanzo trova forza ed espressione. La letteratura «è nata il giorno in cui un ragazzino, correndo, gridò “Al lupo, al lupo” senza avere nessun lupo alle calcagna», è invenzione, frutto della fantasia, «menzogna», citando Manganelli. E non potrebbe essere altrimenti, dato che è la Natura stessa la prima a ingannare, tessitrice di sofisticate illusioni: «La verità è che i grandi romanzi non sono che grandi favole, e quelli di questo corso sono favole eccelse», così come eccelse sono queste lezioni che profumano ancora dell’aria viziata di quelle aule della Cornell degli anni Cinquanta.

Questa impostazione semiaccademica come approccio alla letteratura rappresenta un filone che negli ultimi anni sta tornando in auge, non solo grazie alla ripubblicazione di cicli di lezioni universitari sul tema ma anche a quella di diari, taccuini, appunti e lettere private, che sempre più contribuiscono a dare un’idea delle sfumature che l’occhio di uno scrittore è in grado di percepire. Uno degli esempi più interessanti sono le Lezioni di letteratura, Berkley 1980 di Julio Cortázar, pubblicate da Einaudi nel 2014, le quali sono strutturate seguendo un taglio diverso da quelle di Nabokov, basandosi sulla dicotomia fra racconto fantastico e realistico e su un discorso più improntato sull’improvvisazione. Piuttosto recentemente poi è uscito per la collana Ostranenie di Wojtek Edizioni Teoria della prosa di Ricardo Piglia, un saggio in cui il focus sono le nouvelles – forma letteraria a metà tra il racconto breve e il romanzo – del narratore uruguaiano Juan Carlos Onetti, e che segue le trascrizioni delle lezioni che l’autore argentino tenne all’Università di Buenos Aires nel 1995. Parliamo di testi che dialogano tra loro, prendendo come spunto fondamentale la letteratura e le sue forme più disparate.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare Lezioni di letteratura non è un testo per soli scrittori o aspiranti tali. È invece un libro per chi ama leggere, per tutti quelli che si perdono in Madame Bovary non perché rappresenti una denuncia della borghesia dei primi decenni dell’Ottocento, ma per le sue descrizioni di giornate estive come vissute dal soggiorno, con le strisce lunghe e sottili proiettate dal sole che si spezzano contro gli spigoli dei mobili, le mosche che salgono lungo i bicchieri sporchi ronzando e annegando nel sidro avanzato sul fondo, le goccioline di sudore sulle spalle di Emma. Quei lettori che fanno dell’immaginazione la loro arma più segreta e che riescono più di tutti ad assecondare la vera essenza del libro a cui scelgono di dedicarsi, un po’ il proposito che suggeriva questo professore cinquantenne: «Il buon lettore è quello che ha immaginazione […] e un minimo di senso artistico, senso artistico che mi propongo di sviluppare in me stesso e negli altri ogni volta che se ne presenta l’occasione».

Gli anni trascorsi alla Cornell furono molto produttivi. Fu qui che Nabokov terminò Parla, ricordo, e nel suo giardino di casa a Ithaca che la moglie Vera gli impedì di bruciare le pagine iniziali di Lolita, le più intrise di quelle allitterazioni che Nabokov tanto amava in un testo. Forse, come intuisce John Updike, queste riletture furono il carburante che diede l’impulso finale a una stagione fruttuosa, dato che nei suoi libri è possibile trovare un luccichio di tutti gli autori esplorati in questo ciclo di lezioni. Una svolta che forse non immaginava neanche lo stesso Nabokov quando in classe ripeteva ai suoi alunni: «Evitiamo di prenderci in giro e ricordiamo che la letteratura non ha alcuna valenza pratica, salvo nel caso specialissimo di uno che voglia diventare, per quanto incredibile sembri, professore di letteratura». Se solo avesse saputo quanto si stava sbagliando…

 

(Vladimir Nabokov, Lezioni di letteratura, trad. di Franca Pece, Adelphi, 2022, 526 pp., euro 15, articolo di Davide Tamburrini)