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“Storia del Costume dall’età romana al Settecento” di Giulia Mafai

di Federica Morichetti / 26 settembre

Sono stati scritti molti testi sulla storia del costume, ma la specialità di Storia del Costume dall’età romana al Settecento, di Giulia Mafai, edito da Skira, è che la scrittrice, in questo caso, è anche un’addetta ai lavori, un’esperta che con i costumi, i tessuti e le loro fibre ci si è confrontata da sempre, e ne ha fatto la sua vita.

Miriam Mafai è una signora gentile che si presenta come il suo libro, garbato e di facile lettura ma ricchissimo di dettagli, citazioni puntuali ma godibili, leggero anche quando si inoltra in descrizioni ardite di tecnica sartoriale e letture storico iconologiche degli abiti; ogni descrizione riesce a essere un avvincente racconto di un pezzo di esistenza, quella dell’abito o di chi lo indossa che diventano spesso, una cosa sola.

Una storia del costume quindi, scritta dall’interno con la passione di chi ha visto le sue creazioni muoversi su importanti palcoscenici fra i quali Un eroe dei nostri tempi e Amici miei di Mario Monicelli, La Ciociara e Il giudizio Universale di Vittorio De Sica, solo per citarne alcuni.

Il lavoro di costumista, a questo livello – abbigliare personaggi di precisi periodi storici, classi sociali e livelli culturali con ruoli molto specifici per sceneggiature di tale levatura –, richiede una ricerca storica e soprattutto di storia dell’arte particolarmente attenta, con un occhio mirato al dato dell’umano; le letture e le visioni dovranno portare infatti alla realizzazione di abiti che daranno vita a un personaggio reale che con il suo abbigliamento e i suoi accessori sarà in grado di rendere la verità quotidiana di quelle epoche ma anche il carattere, i sentimenti, le peculiarità del personaggio e del suo periodo storico politico; in questo stesso modo la Mafai nel suo saggio ci descrive i cambiamenti della storia del costume attraverso le epoche analizzando e umanizzando grandi opere d’arte che rappresentano scene di costume, spiegando con semplice accuratezza lo scenario politico ed economico che le ha create e le conseguenze sociali, sull’esistenza degli individui nel loro vivere quotidiano.

Gli abiti e gli accessori, infatti, parlano della realtà, della tangibilità della storia stessa, della fisicità e dei sentimenti di quei corpi che hanno agito e fatto la storia recente e passata.

Giulia Mafai in questo testo, approfondito ma mai ridondante, ci propone una lettura iconografica e antropologica attraverso una piacevole narrazione, a volte sfatando luoghi comuni, della progressiva trasformazione del costume in Europa dall’età romana fino all’Illuminismo o parlando d’arte, dalla Classicità al Neoclassicismo. Il filtro con il quale tratta l’argomento è di chi da costumista esperta e donna di grande cultura artistica, cresciuta in un sofisticato milieu culturale (figlia del pittore Mario Mafai e della la scultrice Antonietta Raphaël, sorella della giornalista Miriam Mafai) fonde con sagacia le modificazioni nell’uso degli abiti e delle calzature, delle acconciature, ritessendone le trame attraverso dipinti, incisioni, sculture e testi letterari e ci chiarisce quanto la storia del nostro modo di abbigliarci sia lo specchio di grandi eventi storici e culturali, leggendo le forme, i colori, i rituali di cappe, mantelli, cappelli, corpetti, arricciature si arriva facilmente ai contenuti della storia politica, sociale e certamente religiosa dell’Europa tutta.

Nel libro è avvincente inoltrarsi nei tratti politici più peculiari della rivoluzione francese attraverso l’interpretazione che la Mafai dà dei decisivi e rapidi cambiamenti del costume: «La rivoluzione francese spazza via le parrucche e i tacchi rossi». I tallon rouge erano infatti un forte simbolo dell’appartenenza alla classe sociale, insieme alle parrucche e ad abiti dalle proporzioni sovradimensionate, e il loro incedere lento sotto tali pesi doveva essere supportato da grossi bastoni cesellati. Tutto questo inutile sfarzo venne presto sostituito durante la rivoluzione dalle casacche dalle linee severe e raffinate per gli uomini e, per le donne, le silhouette ampie supportate da panieri e sottogonne rigide diventarono sottili, senza corsetti. La prima parte della rivoluzione fu un periodo di restrizione; gli abiti sfarzosi e i colori allegri potevano essere sinonimo di potere, che, durante il Terrore, coincideva con una condanna a morte. Con il Direttorio, si arriverà per attinenza politica alla lineare semplicità dello stile greco.

L’abbigliamento della rivoluzione francese influenzò tutta l’Europa; la moda diventò più economica e accessibile alle masse e le e donne si sentirono più libere nei movimenti in quanto prive degli abiti elaborati del periodo precedente. Ora era possibile vestirsi con eleganza in maniera sobria e poco elaborata.
In letteratura il ritorno ad atteggiamenti spontanei, aiutati dalle nuove foggie e tessuti, e a un romanticismo naturale diede la possibilità ad autrici come Jane Austen di creare eroine ancora oggi molto lette e amate .

Questo testo è quindi la fascinosa storia, lontana dal linguaggio accademico, di come in Europa l’affermazione dell’immagine di sé sia stata elaborata, spesso con picchi di altissima levatura estetica attraverso le diverse fogge degli abiti da lavoro o di rappresentanza consegnandoci la più vera eredità, la più umana delle realtà che si può rintracciare analizzando le epoche, quella della maniera di vivere la quotidianità e quindi di tutta una sensibilità estetica e morale.

Il dettaglio di un copricapo, del taglio di una manica, il colore e il materiale di un frusciante tessuto o la simmetria di una gonna che sembra costruita con l’abilità riservata alle lesene delle cupole rinascimentali, tutto ha uno specifico significato e il libro della Mafai, attraverso le immagini di opere d’arte famose e non, ma anche con immagini di meravigliosi abiti originali, superstiti al tempo, ci illustra tutti i perché di quelle specifiche fatture, ci porta nelle corti sfarzose dove sono stati confezionati, nei mercati dei feudi, nelle cerimonie in cattedrale e nelle stanze private di nobildonne rinascimentali che vestivano sottogonne come rituali di torture ma anche strumenti di potere sensuale.

Una lettura avvincente della più bella e vera tra le storie dell’estetica e, come il libro ci dimostra, dell’etica Europea.