Flanerí

varie

Intervista a Carla Vangelista

di Matteo Chiavarone / 19 luglio

 

Ciao Carla. Innanzitutto grazie dell’intervista perché in questo periodo so che sei impegnatissima.Il binomio con Silvio Muccino è risultato vincente e probabilmente porterà ad altri successi. Com’è nato questo rapporto?

Io e Sivio ci siamo conosciuti circa sei anni fa. Eravamo stati coinvolti in un progetto cinematografico che poi non è mai andato in porto. Ma io e Silvio abbiamo individuato immediatamente un linguaggio cinematografico comune. Mi ha proposto di scrivere un corto con lui. Anche il corto non ha mai visto la luce, ma a quel punto ci sentivamo “rodati” e abbiamo iniziato a lavorare insieme.

Ne Un altro mondo (Feltrinelli, 2010), libro che ho trovato davvero interessante, cerchi di tracciare la distanza che ci divide dalla semplice ed evidente sostanza dell’amore. Pensi sia possibile colmare questa distanza?

Credo profondamente nell’amore in quanto energia vitale, forza, spinta primaria. Ma l’amore è qualcosa che a volte ci fa molta paura perché il motore fondamentale e principale dell’amore si avvia nel momento in cui noi riusciamo a guardare dentro noi stessi e di conseguenza riusciamo a guardare “l’altro” o “gli altri”.  Le resistenze che attuiamo verso questo semplice e complicatissimo atto ci congelano in una specie di gap emotivo che forma la distanza di cui parliamo. Sì, secondo me si può colmare ma la parola d’ordine è “entrare in contatto con noi stessi”, zone di ombra incluse. Ci vuole un certo coraggio.

Nel libro si mette in campo una rete di rapporti familiari. Rapporti difficili. Uno strappo che vuole essere ricucito. Quello che esce fuori è una spirale di sentimenti. E tanto, troppo silenzio. È quello il problema della nostra società?

Io sono una ex-ragazza degli anni Settanta. Non facevamo che parlare di “energie”, “sentire”, “comunicare”, al punto di diventare un po’ risibili. Però avevamo anche ragione. Il silenzio e i suoi malintesi, le sue richieste mute e quindi condannate a restare insoddisfatte, le barriere del ‘non detto’, sono muri che erigiamo forse per proteggerci o per non mostrare bisogni o debolezze. Il risultato è la solitudine. La comunicazione è vitale per ogni rapporto, sia sociale che interpersonale. Abbiamo tutti bisogno di tutti. Il silenzio uccide.   

A dicembre, se non sbaglio, uscirà il film con Muccino nuovamente alla regia. Cosa è cambiato da questa trasposizione dal testo al video? Il messaggio che volevi inviare attraverso le pagine del tuo libro ora avrà una forma, un colore, un suono. E probabilmente (anche se il volume ha avuto molto successo) arriverà ad un numero di persone esponenzialmente maggiore. Cosa vuoi dire a chi vedrà questo atteso lungometraggio?

Sì, il film sarà nelle sale per Natale. L’adattamento cinematografico del libro è stato molto laborioso. Ho scritto un romanzo che privilegia le emozioni e il dialogo interiore dei protagonisti e questo ha reso delicata l’operazione di trasposizione. Un anno di sceneggiatura e dodici stesure. Io e Silvio non facevamo altro che scrivere, buttare, riscrivere, parlare. Ma alla fine il risultato è stato esattamente quello che speravamo di ottenere. Ovviamente sono state sacrificate alcune cose, ma il film che le persone vedranno ha esattamente il cuore e l’emotività  della storia originale. Noi abbiamo cercato soprattutto di comunicare delle emozioni, per cui se potessi parlare con ogni spettatore che entra in sala credo che gli chiederei semplicemente di “lasciarsi andare”.

Dopo questa accoppiata cos’altro bolle in pentola, stai già scrivendo qualcosa o stai ancora nella fase di progettazione?

In autunno scriverò una sceneggiatura basata su un mio soggetto, una commedia sentimentale. Nel frattempo sto iniziando a gironzolare con il pensiero e a prendere appunti per un nuovo romanzo. Inoltre sto dedicando molte energie al nuovo sito che io e Silvio abbiamo aperto (http://www.unaltromondo.com http://www.unaltromondo.com).  Non è solo il luogo dove avere un contatto con le persone che ci seguono e dove parlare dei progetti presenti e futuri, è anche una piattaforma attraverso la quale organizzeremo iniziative per raccogliere fondi per una onlus – Worldfriends – fondata molti anni fa da Gianfranco Morino, un chirurgo italiano che da vent’anni vive e lavora in Kenya costruendo e organizzando ospedali nelle bidonville alla periferia di Nairobi. Parte del libro e del film si svolge in Kenia e Gianfranco è stato la guida – prima mia per il romanzo, e poi di Silvio per il film – che ci ha fatto conoscere l’Africa e la sua realtà. E quando guardi da vicino quella realtà, non puoi più voltarti e fare finta di niente.

Cosa ti senti di consigliare ad un ragazzo che vorrebbe provare ad entrare nel mondo della sceneggiatura? Ci sono strade percorribili?

Ci sono scuole, seminari, testi molto importanti per apprendere le “tecniche” da applicare a una sceneggiatura. Dopodiché io aggiungerei che parte altrettanto fondamentale è chiudersi in una stanza a guardare film su film. E leggere libri. Prendere dimestichezza con le storie già raccontate per imparare a raccontare le nostre. E non dimenticarsi mai di portare con noi al lavoro, come strumento primario, il nostro cuore.

Chiudiamo. Ci consigli un libro e un film che ti hanno particolarmente colpito? Non per forza di questi ultimi anni.

Un film di qualche anno fa: Il Giardino delle Vergini Suicide, di Sofia Coppola, e più recentemente “A Voce Alta (The Reader), con una straordinaria Kate Winslet. Per i libri, non ce la faccio a contenermi: Martin Eden, di London,  che leggo e rileggo a ripetizione, Gita al Faro, di Virginia Woolf, mio cult assoluto, Ho servito il Re d’Inghilterra, di Bohumil Hrabal, un piccolo libro che si bilancia fra ironia e dramma. Surreale e prezioso.