Flanerí

Libri

“Comiche” di Gianni Celati

di Serena Agresti / 7 febbraio

Quarantun anni sono davvero troppi per rivedere pubblicato il libro d’esordio di Gianni Celati, Comiche. Il recupero editoriale di Quodlibet rende giustizia a un’opera importante e purtroppo sconosciuta al grande pubblico. Non è un caso se a scoprirlo fu Italo Calvino, quando nel 1967 lesse il primo abbozzo del libro sulla rivista napoletana Uomini e idee e incitò Celati a proseguire il lavoro affinché potesse promuoverlo per la collana La ricerca letteraria di Einaudi.

Ammalatosi di epatite virale e costretto a un periodo di quarantena, Gianni Celati scrive le prime pagine di Comiche, ispirato da alcuni scritti di un anziano ricoverato nell’ospedale psichiatrico di Pesaro.

Otero Aloysio, il protagonista, scrive il suo diario ossessionato da voci malevole e dal timore di sbagliare; scrive, cancella e riscrive, mentre gli si affollano attorno altri personaggi, numerosi e molesti, creando il teatrino di «un mondo dove tutti giocano a correggerti», dove si vive nel divieto, nella competizione, nella coercizione e anche il proprio nome si perde nel dubbio.

Per capire questo testo e non fermarsi all’idea di libro d’avanguardia bisogna conoscere le innumerevoli letture di Celati, il quale spazia dai flussi di coscienza dell’Ulisse di Joyce alle teorie antropologiche di Lévi-Strauss e De Martino, con la scoperta delle culture animiste e dell’«andar fuori di sé» sciamanico come viaggio dove si dimentica se stessi per ascoltare. Da qui l’abbandono del razionalismo e dei suoi luoghi comuni, che nel mondo occidentale può essere identificato soltanto con la pazzia, quindi come fatto patologico.

Altro riferimento fondamentale è quello al cinema comico americano di Stan Laurel & Oliver Hardy, dei fratelli Marx e di Jacques Tati: il titolo è un evidente richiamo alle gag del cinema muto, alla necessità di creare una lingua di gesti corporali, buttando via punteggiatura e sintassi per un parlato mimico culminante nella bagarre.

La storia c’è e si ride, ma il superfluo è bandito, la frase segue il parlato e non la fissità lineare dello scrivere consueto. Fantastica sintesi di tutto questo è la scena finale, in cui Otero Aloysio, in sella a un ciclomotore sgangherato, cerca di raggiungere la corriera dei villeggianti, e mentre goffamente mantiene il cappello fermo sul capo, la valigia si apre lasciando liberi tutti i fogli del suo tormentato diario: «Volano e fine».

Comiche è un’opera originale e significativa che dopo quarantun anni parla alla nostra sensibilità e forse risulta ancora più calzante alla realtà di oggi.


(Gianni Celati, Comiche, Quodlibet Compagnia Extra, 2012, pp. 216, euro 15)