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“Le ossa” di Eduardo L. Holmberg

di Violetta Colonnelli / 8 aprile

«Ho la sensazione che finora il lettore non abbia trovato alcun motivo per interessarsi al disordinato prologo che precede queste righe […] Si trova tuttavia in errore, ed è verosimile che, giudicando con imparzialità e buon senso, arrivi a riconoscere che l’autore dovesse avere qualche buona ragione per offrirgli una matassa tanto ingarbugliata invece di un calice trasparente e traboccante di liquore forte. Se avrà la bontà di proseguire con me, nutro la speranza di fargli cambiare opinione, e, se mi perdonerà certi riferimenti a fatti personali, forse finirà per appassionarsi, com’è successo a me, alla singolare storia che sto per raccontare. Allora si renderà conto che le farfalle e i colibrì non hanno alcun ruolo nella vicenda e sono soltanto un ornamento che non guasta, proprio come un neo malizioso accanto a una bocca a confettino. Ero, dunque, di ritorno da un viaggio».

Sono proprio quei fatti privati e quegli ornamenti a fare di Le ossa di Eduardo Holmberg (Arcoiris, 2012) un piccolo gioiello. È uno di quei casi in cui finito di leggere si vorrebbe invitare a cena l’autore. Si tratta di un giallo, “un giocattolo poliziesco” che verrà inserito tra i testi fondamentali del genere poliziesco di lingua spagnola. Il protagonista, scienziato e intellettuale, si ritrova tra le mani delle ossa umane, di cui ignora la provenienza. Con l’aiuto di un frenologo scoprirà che gli scheletri ai quali manca, simmetricamente, la quarta costola, appartenevano a due uomini della stessa età, di indole e carattere diversi. In poche pagine si sviluppa l’indagine a colpi d’istinto dello scienziato che intende proseguire le ricerche in autonomia. Lo scienziato-scrittore è infatti mosso sì dal desiderio di arrivare alla soluzione del mistero, ma soprattutto dalla volontà di scrivere un romanzo ispirato alla vicenda dei due scheletri. Si innesca così un meccanismo metaletterario in cui il personaggio e lo scrittore si sovrappongono, sollecitando ancora una volta la curiosità del lettore nei confronti di chi scrive.

I tempi veloci e i dialoghi sostenuti mantengono viva una sufficiente suspense, ma è soprattutto l’atmosfera restituita e la seducente personalità del protagonista a tenerci inchiodati. Come non assecondare e seguire un uomo che è appena tornato da un viaggio di esplorazione della fauna e della flora delle province argentine? «Le pianure, le montagne, i boschi e i fiumi della mia terra, così ricca e bella ma anche, per effetto della sua stessa bellezza, così tirannica e dominatrice, una terra che mi avrebbe trasformato in una specie di vagabondo, in un beduino, se non fosse stato per il desiderio del cuore e per il fascino vertiginoso di una città in cui si respira un’atmosfera intellettuale e imprescindibile». Viene voglia di sedersi e ascoltare ciò che il protagonista ha da raccontare. Nella voce narrante si ritrova lo stesso Holmberg, un medico che si dedicò allo studio della botanica, delle scienze naturali, della fisica e della chimica. Nel 1888 diventò direttore del giardino zoologico di Buenos Aires, il quale è tuttora testimone della sua visione originale e moderna, a partire dalla semplice idea di sistemare ogni specie animale in una struttura che ricordasse il suo paese d’origine. Con una scelta non ovvia Holmberg ambienta la storia nella sua città, dove nacque nel 1852, restituendoci una Buenos Aires inedita, lontana nel tempo, con le vie percorse da carrozze e le case aperte agli sconosciuti.

Il libro fa parte della collana Gli eccentrici, ed è corredato da un’interessante introduzione del curatore, Loris Tassi, grazie alla quale conosciamo qualcosa in più dell’autore, personaggio affascinante e poliedrico; della sua scelta di scrivere un romanzo poliziesco, un genere poco visitato, considerato popolare, che conoscerà la sua espansione nel secolo successivo, come la fantascienza e il terrore, altri generi cari a Holmberg. Uno sguardo da precursore e un atteggiamento pionieristico, comune anche alle sue ricerche scientifiche specialistiche, che rende difficile inquadrare questo scrittore e il suo stile in una scuola o un genere predefiniti.


(Eduardo L. Holmberg, Le ossa, trad. di Agnese Guerra, Arcoiris 2012, pp. 116, euro 10)