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“Muri – prima e dopo Basaglia” di Renato Sarti

di Luca Errichiello / 11 aprile

Voglio dirlo semplicemente. Proprio mentre scrivo i nomi cambiano e la psichiatria si veste in modi sempre più accattivanti, sempre più alla moda, sempre più asfissianti. Proprio mentre scrivo ci sono persone che soffrono dietro una porta chiusa a chiave, ci sono contenzioni, ci sono luoghi esattamente identici a quelli che prima definivamo manicomi. Ma c’è ancora una maggiore complessità. Il discorso della psichiatria si è spostato, come il discorso del potere, e bisogna rincorrerlo per comprenderlo e criticarlo, forse proprio nella sua sostanziale irraggiungibilità. Il discorso della psichiatria, quel discorso di violenza che Muri – prima e dopo Basaglia vorrebbe mettere all’angolo, si è spostato già.

I manicomi semplicemente erano espressione di un mondo in cui poteva rimanere qualcuno che fosse ai margini dello sfruttamento. Vessato sì, ma non sfruttato. Invece c’era bisogno di consumare e consumarsi. Tutti, dal primo all’ultimo. Bisognava infiltrare il concetto di “disturbo psichiatrico” ovunque, fino a renderlo quasi gradevole. E ci si è riusciti. Chi oggi non si definisce “un po’ pazzo”? Chi non avrebbe bisogno di una psicoterapia? Chi, tra i progressisti e non solo, non sarebbe d’accordo nel dire che la normalità non esiste? Ebbene prima si combatteva per abbattere i muri tra pazzi e normali. Oggi siamo tutti disturbati, tutti nel grande mercato della psicoterapia e della psicofarmacologia. Le belle vecchie parole sono state usate da un punto di vista che non vedevamo. L’abbattimento dei muri manicomiali e del limite tra normalità e follia è stato funzionale allo sfruttamento economico in senso psichiatrico della popolazione tutta. I “muri mentali”, quelli dello spettacolo di Renato Sarti, sono sì saltati e noi abbiamo gioito, sì. Ma semplicemente non poteva più esistere una sacca di pazzi non consumatori, non consumati dalla produzione, solo chiusi e picchiati. Per questo anche la chiusura dei manicomi andava bene. Li si accettano anche i compromessi violenti, pazienti chiusi a chiave e legati a un letto, basta che consumino e quindi producano. Per questo oggi i manicomi sono altrove. Non abbiamo la fortuna di combattere contro un mostro di pietra e muri facilmente identificabili, anche quelli mentali. Tutto è impalpabile. La vittoria di ieri di Basaglia è divenuta la sconfitta di oggi. Tutto è uguale al suo contrario.

In questo clima, perché questa è la psichiatria attuale, si mette in scena uno spettacolo come Muri, storia di un’infermiera che si imbatte in Basaglia e nella messa in discussione della società post ’68. L’infermiera muta il suo modo di lavorare e di vivere le relazioni sociali. L’infermiera invecchia e continua a fare volontariato in ambito psichiatrico. Ah, bisogna abbattere i muri, i muri mentali. Garbate e credibili, le parole di Giulia Lazzarini camminano in mezzo al pubblico e narrano un racconto che ha il sapore della favola dal lieto fine. Solo ogni tanto, per fortuna, si intravede qualche crepa. Per il resto si respira l’aria di un’ingenua vittoria dei buoni. Come se il problema fosse abbattere i muri, mentali o meno. Sul malato forse si abbatte un conflitto che si svolge altrove, il malato psichiatrico è solo materia che stride mentre è schiacciata dalla pressa che lavora. E quella pressa, quel potere, ha saputo trovare tanti altri luoghi e modi per esplicarsi. E forse c’è qualcosa anche oltre questa spiegazione, qualcosa nella follia che è folle tentare di afferrare, ma si può solo far circolare. Non si capisce poi come una narrazione di questo tipo possa colpire a fondo, se si considera anche la staticità totale della messa in scena. Un leggio che in parte copre il volto dell’attrice, luci pressoché immutabili, voce narrante dal tono invariabile, brevi elementi sonori che forniscono una partitura smaccata e prevedibile. Sarebbe anche interessante come testimonianza storica psichiatrica di tipo documentaristico. Il problema è che invece ci troviamo a teatro e per fare teatro non bastano un leggio e un palcoscenico, per questo di Muri personalmente apprezzo solo il buon proposito di narrare una storia talora dimenticata.

Muri – prima e dopo Basaglia
testo e regia di Renato Sarti
con Giulia Lazzarini
musiche Carlo Boccadoro
scene Carlo Sala

Prossime date:
dal 9 al 14 aprile– Galleria Toledo – Napoli
dal 16 al 21 aprile – Teatro Franco Parenti – Milano