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Musica

[Flanerí night #6] “Daév”: a tu per tu con Daev

di Luigi Ippoliti / 31 maggio

Daev, al secolo Davide Fusaro, ha aperto il concerto live della sesta Flanerí night al Contestaccio di Roma, presentando il suo primo Ep – Daév. Lo abbiamo intervistato alla fine della serata.


Torni a suonare… Cos’è cambiato dall’ultima volta?

Quello di novembre è stato un live molto emozionante per quanto mi riguarda. È difficile “metterci la faccia”! Questo peso l’ho sentito molto durante l’esibizione, nonostante sia piuttosto avvezzo alla performance.
A questo live ci sono arrivato con questa consapevolezza, intanto.
Un altro fattore importante di cambiamento sta dentro la parola release e non mi riferisco solo al fatto che questa volta ho presentato il mio disco… di fatto sto “liberando” le mie canzoni, sto lasciando che si affaccino al mondo senza la mia presenza diretta. Affronto un po’ lo stesso complesso di Novecento, il protagonista de La leggenda del pianista sull’oceano, a volte si è restii ad accettare l’idea che la propria musica vada dove non siamo fisicamente. Lo faccio, perché è un passaggio necessario in quest’epoca. Ingoio il rospo.
A livello esteriore poi, ho potuto presentare molti brani accompagnato dalla band (Damiano Bianchi, Alex Di Nunzio e Andrea Di Nunzio) con cui ho cominciato a lavorare proprio in funzione di questo evento. Dopo tanti live in acustico, ci voleva!


Quali sono state le difficoltà che hai avuto durante la produzione di Daév?

È stato un lavoro piuttosto lungo. La difficoltà più grande è stata trovare, insieme al mio grande amico, e altrettanto grande chitarrista e arrangiatore Damiano Bianchi, una chiave di lettura per le mie composizioni. Le mie influenze artistiche sono abbastanza trasversali, abbracciano tante cose molto diverse tra loro per epoca, genere e popolarità. Tessere filo per filo il vestito di ogni canzone è stato faticoso, ma fondamentale. Passavamo giorni interi in studio a discutere su un disegno di batteria, su un suono di chitarra, su una singola nota di violino, un riverbero… E a mangiare insalate preconfezionate del Tuodì di via del Pigneto.


Quanto il discorso tribute ti è servito per Daév?

I tributi, i Muscle Museum su tutti, mi hanno dato la possibilità di fare tantissima esperienza live, in Italia e all’estero! Hanno sicuramente arricchito il mio bagaglio personale. Quello dei tributi è un fenomeno piuttosto recente, a volte un po’ malato, soprattutto quando sfocia nella ricerca di somiglianza estetica oltre che musicale. Tuttavia, escludendo i suddetti casi, la vedo come un’evoluzione della classica gavetta che tutti gli artisti degni di questo nome hanno sempre fatto. Insomma, quando non sei nessuno, ma hai una voglia matta di suonare, qualcosa ti devi inventare!
E poi sono secoli che le più importanti orchestre del mondo fanno tributi a Bach, Beethoven, Mozart, Ravel, Chopin, Schumann, Vivaldi… Non sarà che anche la musica moderna sia in declino?


Scrivere in inglese… Scelta o necessità?

Non ho scelta! Scrivo in inglese perché sono i suoni che ho in mente. Sono i suoni che ho in mente perché la maggior parte della musica che ho sempre ascoltato è estera. Le parole sono suoni! Le lingue sono strumenti musicali! Io posso suonare la chitarra o la batteria, ma se la chitarra mi dà più possibilità espressive, cosa dovrebbe spingermi a suonare la batteria?


Rimanere in Italia o emigrare?

È chiaro che questo progetto artistico tende a mondi distanti rispetto al luogo in cui è nato, non solo per la lingua inglese, ma proprio per alcune scelte strutturali a livello compositivo e di arrangiamento che, in alcuni brani, sarebbero difficilmente adattabili e comunque poco fruibili nel contesto italiano.
Emigrare è una possibilità che tengo sicuramente in considerazione, ma non è detto sia l’unica.


Rapporto coi social network?

I social network sono i pronipoti del telegrafo e gli antenati del teletrasporto!
Sono il “mantello magico” della nostra epoca e noi siamo un esercito di Faust.
Credo che racchiudano un potere immenso, sia in bene che in male. Io, da bravo Jedi, cerco di utilizzare il lato chiaro della forza!


Progetti un Lp?

In realtà sono partito direttamente da questa idea. In seguito abbiamo ritenuto, insieme ad Alex Di Nunzio, il produttore esecutivo di questo lavoro, più saggio e opportuno partire da qualcosa di meno impegnativo e più efficace in questa prima fase. Un lavoro agile, volto alla creazione di una base di partenza solida, alla presentazione di questo progetto ed alla ricerca di un’etichetta interessata.


Artisti senza i quali Daev non sarebbe tale:

Riduco al minimo: Jeff Buckley, Radiohead, Damien Rice, Sting, Björk, Led Zeppelin, Kurt Cobain, Eddie Vedder, Lauryn Hill, Stevie Wonder, Police e Beatles.


Quale musicista oggi è la voce della nuova generazione?

Difficile da dire. Ci sono tanti artisti interessanti, ma sono pochi quelli che riescono a conciliare le esigenze popolari con le orecchie sempre più sofisticate del sempre più numeroso popolo di musicisti. È difficile trovare approvazione da entrambi e quindi sentenziare una “voce della nuova generazione” mi risulta complicato.
A mio avviso Gotye ha dato un ottimo spunto con il suo splendido Making Mirrors e il relativo singolo “Somebody That I Used to Know”. Credo che anche le strade intraprese da Bon Iver e dai Mumford&Sons siano degne di nota, ma non credo riescano a rappresentare una generazione.


Come si fa a vivere di sola musica? Secondo te bisogna scendere per forza a compromessi?

Penso che se uno ha le ali, non ha bisogno di prendere l’aereo, deve solo imparare a usarle!
Questo è valido in tutti gli ambiti!
Anzi, a pensarci bene avrei potuto rispondere così a tutte le altre domande, sarei andato a letto prima e avrei evitato di scrivere castronerie!
Grazie mille ragazzi!
È stato un piacere e un onore!