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“Manicomio Football Club” di Andrea Romano

di Francesco Vannutelli / 28 ottobre

Quindici giocatori tra titolari e riserve – due portieri, cinque difensori, quattro centrocampisti, quattro attaccanti – vanno a formare il Manicomio Football Club inventato da Andrea Romano per i tipi di Zero91. Sono campioni noti per il temperamento, oltre che per il talento, messi tutti insieme in un’immaginaria squadra di duri e rudi, da Schumacher, lo sciagurato portiere tedesco che quasi uccise il difensore Patrick Battiston durante la semifinale dei mondiali del 1982, al simbolo della dissolutezza calcistica, George Best, passando per Cantona e il suo calcio volante, il macellaio di Bilbao, Andoni Goikotxea, che quasi compromise la carriera, e la gamba, di Maradona, e gli italiani Bruno, Chinaglia e Zigoni. In panchina, Raymond Domenech, il commissario tecnico della nazionale francese di recenti fallimenti, celebre per la sua passione per gli oroscopi e il suo odio per il calcio italiano.

Per ogni giocatore un numero di maglia e una scheda, o articolo, o racconto, a seconda di come li si voglia leggere, che raccoglie un momento significativo dell’intera carriera, o tutto l’arco degli anni passati con gli scarpini ai piedi. Nella maggior parte dei casi si tratta di storie note a chiunque si interessi al calcio internazionale e alla sua storia. Non ci sono rivelazioni, per esempio, nel racconto dell’alcolismo di Tony Adams o nella fede al limite del fanatismo del nigeriano Taribo West, così come è forse nota a chiunque fosse in grado negli anni Novanta di leggere un giornale, o di accendere un televisore, la passione di Edmundo per il samba e il carnevale (meno forse la condanna per omicidio colposo).

Ad Andrea Romano, giornalista, tra gli altri, per Il romanista e Dnews, e autore di altri libri sul calcio, non interessa andare oltre il noto. Una volta scelto il minimo comune denominatore per il suo Manicomio Football Club si preoccupa di trovare una formazione il più possibile coesa e credibile, guardando alle escandescenze sul campo e fuori dei suoi giocatori, cercando quasi con affanno di giustificarli, o quanto meno di spiegare la logica delle azioni scorrette, fallose o antisportive al lettore. È un limite non da poco: Montero, Keane, Grobbelar e compagni finiscono per essere ritratti non solo come semplici eroi del calcio, che ci può pure stare, ma come dei martiri dell’opinione pubblica, pronta a condannarne gli errori senza andare a indagarne le ragioni.

La scrittura sembra cercare continuamente di elevare le loro azioni verso una dignità ulteriore, indugiando su una forma retorica, caricandosi di ripetizioni e altre figure che appesantiscono e appiattiscono la lettura. Tre esempi, in crescendo: «Di Biagio finisce la partita. Finisce la partita e segna il gol del pareggio»; «Nei giorni successivi Domenech sale sulla bici e pedala. Pedala mentre tutta la Federcalcio analizza la sua posizione. Pedala mentre i giornalisti fanno a gare per affossarlo. Pedala mentre svela a qualche amico di voler tornare a recitare. A recitare un monologo. Un monologo su un allenatore licenziato che racconta la sua vita al massaggiatore prima di lasciare lo spogliatoio»; «Un’Italia rifondata, un’Italia che è solo lo spettro di quella che ha vinto il titolo sessanta giorni prima fa il resto. Domenech riesce a sconfiggere i suoi nemici. Domenech riesce a sconfiggere i suoi nemici per la prima volta. Domenech riesce a sconfiggere i suoi nemici per la prima volta in una partita che non serve quasi a niente. Una partita che non assegna coppe o medaglie. Una partita alla quale seguirà un ritorno».

Con l’abuso di un’enfasi non necessaria che finisce per rendere ridondante e pleonastica la lettura, Manicomio Football Club non riesce a creare un legame tra il lettore e i suoi vari protagonisti perché privo di quell’ironia (presente solo nel capitolo dedicato a West, ma in quel caso è il personaggio stesso a essere fonte involontaria di comicità) o meglio di quella leggerezza che servirebbe per ricordarsi che il calcio è, sempre e comunque, un gioco e i calciatori dei privilegiati piuttosto che delle vittime.


(Andrea Romano, Manicomio Football Club, Zero91, 2013, pp. 206, euro 15)