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“Amnesie di un viaggiatore involontario” di David Madsen

di Gianluca Di Cara / 1 novembre

Come è arrivato Hendryk su questo treno? E perché seduto davanti a lui c’è Sigmund Freud (no, non quel Sigmund Freud), autore de L’interpretazione dei sogni (no, non quella interpretazione dei sogni) e fiero avversario di Carl Jung (ebbene sì, quel Carl Jung)? E dove è diretto il treno? Ma soprattutto: perché è senza pantaloni? Questi i primi bizzarri interrogativi che ci troviamo ad affrontare appena iniziato Amnesie di un viaggiatore involontario (Meridiano Zero, 2013) di David Madsen, una garanzia per quanto riguarda una narrazione assurda, al limite del paradosso, condita da un erotismo non sempre lucido, anzi spesso perverso.

Dopo le Memorie di un nano gnostico (Meridiano Zero, 2006), sono le amnesie qui a farla da padrone: Hendryk non ricorda niente del suo passato e niente degli eventi che lo hanno condotto su quel treno, così come non capisce nulla delle avventure che lo attendono. Sceso dalla carrozza in compagnia del dottor Freud e del capotreno Malkovitz, ambiguo personaggio dai gusti sessuali per così dire eclettici, Hendryk raggiunge il castello di Flüchstein, proprietà del conte Wilhelm, eccentrico proprietario di casa dalla smodata passione per il cibo e dotato di ben scarso contatto con la realtà nonché padre di Adelma, ninfomane che ha già saputo soddisfare più di un amante. Qui Hendryk scopre che il conte lo ha invitato perché tenga una conferenza sullo jodel, argomente sul quale il nostro protagonista scopre, per sua enorme sorpresa, di essere un’autorità. Tra pranzi e cene pantagrueliche, cui non riesce comunque mai a partecipare, presunti stupri di cui è autore o vittima, personaggi borderline e infinite avventure oniriche, Hendryk si innamora di Adelma e fa di tutto per scappare con lei, nonostante le incredibili disavventure che lo attendono in qualsiasi momento: il rito religioso cui lo sottopone l’arcivescovo della città, l’invasione delle mucche assassine richiamate dallo jodel che Hendryk fa cantare al proprio auditorio piuttosto che intonarlo in prima persona, la sommossa popolare che vuole vederlo morto.

Quest’ultimo libro di Madsen mette insieme visioni oniriche, momenti autenticamente grotteschi, un erotismo spinto e greve, che sfocia spesso nell’ilarità, conversazioni che ricadono nel paradossale e situazioni che nemmeno immaginiamo come possano essere state anche solo concepite dall’autore.

Si tratta di un romanzo circolare, senza un vero inizio e senza una vera fine: arrivati a pagina 242, scopriamo di dover tornare a pagina 9 per terminarne la lettura o, per meglio dire, per riprenderla da capo.

Un romanzo senza dubbio notevole, che forse potrebbe non incontrare il gusto di tutti perché troppo surreale o troppo ricco di dettagli forti, ma che decisamente vale la pena di essere letto.

(David Madsen, Amnesie di un viaggiatore involontario, trad. di Francesco Francis, Meridiano Zero, 2013, pp. 242, euro 16)