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Libri

“1913. L’anno prima della tempesta” di Florian Illies

di Michele Lupo / 3 dicembre

Inizia con Louis Armstrong il 1913, almeno secondo Florian Illies, al quale dobbiamo anche l’idea portante del suo libro, 1913, L’anno prima della tempesta (Marsilio, 2013), secondo cui quello sarebbe l’anno decisivo del secolo scorso. Inizia con il grande jazzista che al momento è solo un dodicenne di New Orleans che vuole «dare il benvenuto al nuovo anno con una pistola rubata» e che per questo finisce in cella: piccola grande sventura provvida se mai ve n’è stata una se è vero che per tenersi buono il pischello scapestrato provano a mettergli in mano una cornetta – il seguito è noto.

A migliaia di chilometri di distanza, Picasso viene interrogato dalla polizia che lo sospetta di aver rubato la “Gioconda” al Louvre e il buon Kafka nella sua Praga sta scrivendo una delle sue lettere inquiete e inquietanti a Felice Bauer. Ma una luce più fosca arriva spostando appena un po’ le coordinate geografiche, a Vienna: mentre «imperversa una tempesta di neve» arriva alla stazione Nord un uomo malmesso che al Novecento lascerà una testimonianza poco discreta della sua presenza. Dice di chiamarsi Iosif Stalin. In quella stessa città, capitale del grande impero destinato a crollare di lì a poco, una delle donne più fascinose d’Europa, Lou Andreas-Salomé, sta per saggiare la resistenza di un certo Sigmund Freud, impegnato a insegnarle il metodo psicoanalitico.

Lo storico dell’arte e giornalista Florian Illies si muove a piacimento – deve essere un modo di scrivere divertente – nell’anno che a lui pare capitale, mese per mese e a zonzo per il mondo (più che altro Europa), poco prima della catastrofe di cui molti avvertono i sentori e altri allegramente ignorano. Un altro viennese doc, Arnold Schönberg, pare del 13 avesse una fobia paralizzante (aveva qualche ragione considerando che dai salons parigini in avanti fare avanguardia artistica significava mettere in conto l’eventualità di venire alle mani, e se qualcuno stava al gioco, Schönberg no, ché in quell’anno ce le prese).

Un anno presago di apocalissi, dunque? Inconsapevole, piuttosto; e mentre Oskar Kokoschka dà di matto per la vedova di Mahler e nessuno si insospettisce abbastanza per le insoddisfazioni del pittore frustratoAdolf Hitler (chi poteva farci caso quando da quelle parti si concentrava un numero impressionante di talenti? per dire, Schiele, Wittgenstein, Schnitzler, Musil, Kraus etc.), a novembre, su un fronte presto avverso, esce il primo volume della Recherche (che a suo modo una splendida apocalisse lo è: se solo ne leggessero qualche frammento, molti – purché svegli – smetterebbero di scrivere). E Malevic presenta il suo “Quadrato nero”, fine e nuovo inizio di tutta la storia dell’arte (che non intende più essere mera “arte”). Si potrebbe continuare a lungo. Ecco, sta per esplodere la Grande Guerra e decine di talenti sparsi per l’Europa non lo sanno. Essi sono giustamente impegnati a tracciare il segno di cesura che taglia in due la trama e l’orizzonte dell’immaginazione e della creatività (anche quella scientifica). Per molti non è facile mantenere una salute (piscologica) all’altezza del loro genio: la malattia anzi ne è spesso lo stigma. Il racconto di Illies attraversa una mappa di storie, di piccoli e grandi eventi datati 1913, di biografie assai speciali con bel ritmo e accattivante perizia di montaggio. Una lettura rizomatica.

(Florian Illies, 1913. L’anno prima della tempesta, trad. di M. Pugliano e V. Tortelli, Marsilio, 2013, pp. 304, euro 19,30)