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“La regina scalza” di Ildefonso Falcones

di Ilaria Dettoni / 21 febbraio

Porto di Cadice, 1748. Scalzi, sbarchiamo da una feluca insieme a Caridad, schiava di origini africane, e affrontiamo per la prima volta Siviglia e la libertà.

È attraverso i suoi occhi che viviamo le prime pagine del romanzo di Ildefonso Falcones: La regina scalza (Longanesi, 2013). Veniamo gettati, senza tanti complimenti, in una realtà di violenza, accattonaggio, contrabbando e miseria, nei pensieri e nelle sventure di una donna che ha conosciuto solo la vita da schiava, nelle piantagioni di tabacco, e non sa difendersi né osa farlo.

Il primo a provare pietà per Caridad e a soccorrerla è il capostipite gitano della famiglia Vega, l’anziano Melchor; con i suoi modi burberi ma sinceri, le salva la vita portandola in Callejòn de San Miguel, il quartiere gitano dove vive con la sua famiglia.

Qui incontriamo la seconda protagonista del romanzo, la giovane e bella Milagros Carmona, nipote di Melchor; presto Milagros e la nera “Cachita” stringeranno un’amicizia che le terrà legate, nonostante la distanza e le disgrazie, per gli anni a venire.

Milagros, cantante straordinaria e ballerina affascinante, oggetto di infatuazione e di desiderio di gitani e non, è una Vega come suo nonno e sua madre Ana, ma è innamorata di Pedro, della famiglia rivale Garcìa; il suo amore ovviamente non è consentito, a causa dei trascorsi di odio tra le famiglie, ed è questo il motivo di scontri e incomprensioni tra la giovane e la madre, e di rifiuto alle leggi non scritte legate all’onore gitano.

Falcones stravolge presto la vita dei protagonisti inserendo nel romanzo un reale, quanto tragico, evento storico: la retata del luglio 1749, che portò all’arresto e ai lavori forzati centinaia di famiglie gitane in tutta la Spagna, allo scopo di ripulire in regno da una stirpe considerata blasfema, amorale e delinquente.

Melchor, insieme alla sua Caridad, e Milagros, scamperanno alle guardie, ma non Ana e il padre di Milagros, e la famiglia Garcìa troverà quindi il momento propizio per far sposare contro il volere dei Vega i giovani innamorati. La sorte di Milagros però non sarà quella che ci si aspetta dopo una promessa d’amore: scoprirà cosa significa essere una donna bella e desiderabile in una realtà di uomini violenti e oppressivi, conoscerà abusi, umiliazioni, maltrattamenti di ogni tipo. Scalza, danzerà e canterà contro la sua volontà in uno dei più famosi teatri di Madrid, per arricchire e compiacere chi ha nelle mani la sua vita e la sua libertà.

E altrettanta violenza toccherà in sorte a Caridad e a Ana. L’epilogo di quest’opera intensa vedrà di nuovo riuniti tutti i personaggi in Callejòn de San Miguel, per un ultimo atto che lascia il lettore col fiato sospeso.

La regina scalza è un romanzo che parla di famiglia, onore, amore, violenza, disperazione. È un romanzo che parla delle donne e alle donne e di come sia possibile, pur dopo soprusi, umiliazioni, violenze, trovare la caparbietà per alzare la testa e far sentire la propria voce.

Lo stile di Falcones è volutamente semplice, pulito, in sordina rispetto agli eventi narrati: l’azione in svolgimento ha priorità sulle scelte stilistiche, e sebbene i sentimenti e i pensieri dei protagonisti siano ben delineati, azioni e dialoghi diretti hanno sempre una presa maggiore sul lettore.

La regina scalza coinvolge, emoziona, dove richiesto disgusta, e nelle ultime pagine, commuove. La forza dei suoi personaggi, non solo protagonisti, ma anche diversi comprimari, è tale da rendere autentica e potente l’immedesimazione.


(Ildefonso Falcones, La regina scalza, trad. di Roberta Bovaia e Silvia Sichel, Longanesi, 2013, pp. 704, euro 19,90)