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Libri

“Un uomo solo” di Christopher Isherwood

di Dario De Cristofaro / 5 novembre

È Un uomo solo la seconda opera di Christopher Isherwood, dopo Viaggio in una guerra, scelta da Adelphi per riproporre al pubblico italiano gli scritti principali del celebre narratore inglese. Un libro profondo e delicato, da poco reso in versione cinematografica da Tom Ford con il titolo A single man.

Isherwood racconta, in maniera magistrale, quasi stesse riprendendo tutto con l’occhio mobile di una cinepresa, la storia di George, anziano insegnante di inglese alle prese con la monotonia quotidiana in cui è precipitato in seguito alla morte del compagno. Non un giorno qualunque, però, bensì le sue ultime ventiquattro ore di vita, dal risveglio alla morte che avverrà nel sonno. Tra la nostalgia dell’amore perduto e il cinismo con cui è analizzata ogni singola situazione che gli si pone dinnanzi, la giornata di George è descritta in terza persona con un tono minimalista ed essenziale, quasi si assistesse ad una vivisezione del vissuto umano. L’omosessualità del protagonista, poi, motivo di sofferenza ma anche di fiera distinzione dal conformismo americano degli anni sessanta, è rappresentata con una delicatezza e passione tali da rimanere vive e attuali ancora oggi.

Sebbene possa apparire evidente la vicinanza di George con lo stesso Isherwood, anch’egli omosessuale e allora sessantenne, l’autore riesce a rendere la storia radicalmente distante da una qualsiasi sorta di autobiografia, dai toni rischiosi della confessione personale. La morte finale del protagonista, in seguito ad un ultimo sussulto del cuore dinnanzi dalla “straziante bellezza del creato”, per dirla con le parole di Pier Paolo Pasolini, riportano, infatti, la storia sul piano della finzione narrativa.

La solitudine, il dolore, la nostalgia e l’inquietudine per l’incombere della morte insieme a una spassionata voglia di amare, sono, dunque, i sentimenti dominanti che si intessono con orgoglio e fierezza in queste preziose pagine. Isherwood ci regala, allora, una coraggiosa e limpida presa di coscienza di cosa sia l’America in un momento così difficile come quello della Guerra Fredda, dove il diverso è visto con disprezzo e sospetto e del rispetto per le libertà individuali altro non resta che l’ipocrita aspetto di facciata di una società benpensante e bigotta.