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“Ritratto di gruppo con assenza” di Luis Sepúlveda

di Ciccio Cirigliano / 18 gennaio

Spazi vuoti e assenza nel confronto di un passato chiuso in una notte di spari, uccisioni, torture… ed un presente che prova a mettere insieme pezzi e tessere in un puzzle che rischia di rimanere nella sola memoria di chi di quel passato è stato testimone. Tessere e pezzi sbiaditi come quella stessa memoria… tessere e pezzi scomparsi come scomparsi sono i corpi, le anime, le storie e i vissuti di una generazione che ha creduto in una possibilità soffocata dalle trame, dai tradimenti, dagli spari, dai cingolii dei carri armati… soffocati dalla sete di potere, e dalla necessità famelica di un profitto che ha avuto nel sangue versato un abbeveratorio diventato quotidiano.

Ma c'è chi oggi, in questo presente che prova a ricostruire se stesso nella ricerca del passato; che quelle tessere del mosaico prova a rimetterle al proprio posto, rappresentando quanto alcune incolmabili assenze provochino rumore atroce.

"Ritratto di gruppo con assenza" è l'ultimo lavoro di Luis Sepúlveda pubblicato da Guanda editore: 26 racconti che prendono il titolo da uno scatto della fotografa tedesca Anna Petersen a La Victoria, uno dei tanti quartieri poveri e popolari nella periferia di Santiago del Cile. Una fotografia donata a  Sepúlveda in ricordo della sua terra, una terra in cui, in una sola notte, le matite che avrebbero dovuto scrivere la narrazione di una speranza democratica e solidale in un intero continente, vennero spezzate dal complotto internazionale. E sarà proprio quella fotografia – o meglio, il gruppetto di sorridenti visi infantili – a rappresentare uno dei motivi del ritorno dello scrittore cileno nella sua patria. Un ritratto di gruppo che rappresenta una nuova sfida per  Sepúlveda, che negli anni di sfide ne ha raccolte molte, e per la Petersen, con l'impegno di cercare quel gruppetto di ragazzini e provare a rifotografarli a distanza del tempo trascorso.

Riferimento per la ricerca del gruppo è il Loco Garrido, o don Antonio, come lo chiama l'accompagnatrice Alicia, un ex pugile mito degli anni '60 quando era diventato campione sudamericano del pesi welter,  oggi ridotto ad un sorriso sdentato e ad un volto rigato da rughe. È il nonno dei quattro ragazzini immortalati in quella foto di tanto tempo fa. Marcos –  il più sorridente del gruppo – che abbraccia Jorge. Ma Marcos oggi non c'è più perchè è morto ammazzato a quindici anni in un maledetto pomeriggio dell'86 mentre rubava un sacchetto di roba da mangiare. Ammazzato per un boccone di cibo da un carabinero. Oltre a Marcos e Jorge nella foto c'è Henry, anche lui sorridente in un ritratto che non sembra essere il suo. Perchè quel sorriso è sepolto per sempre, e non sarà una impressione rimasta su un foglio di alogenuro d'argento a farlo rivivere. Quel sorriso ha lasciato il posto al brivido che gli corre lungo la schiena quando vede Marcos nella fotografia, prima di scappare a scuola a mangiare, perchè è l'unico pasto caldo che riceve in tutto il giorno spiega il Loco Garrido. E poi c'è Cecilia, una bella ragazza di diciassette anni che ha paura di sognare perchè i sogni sono solo bugie.

É una storia di assenze quella raccontata da Sepúlveda, quelle stesse assenze che abbiamo potuto vedere nella mostra di Gustavo Germano svoltasi a Roma nel quartiere Garbatella dal 9 al 23 dicembre scoso. Assenza che fanno rumore e che, come nelle riflessioni della fotografa Candida Höffer, mostrano uno spazio costituito da molte più stratificazioni di quello che è dato vedere.