“Il declino dell’occidente” di Hanif Kureishi

di / 3 ottobre 2010

Otto racconti. Una narrazione a tratti spietata, cinica, scevra da buonismo e infiocchettature di ogni sorta. E un’immagine dell’occidente con cui doversi confrontare. Tutto questo è Il declino dell’occidente (Bompiani, 2010), di Hanif Kureishi, drammaturgo e scrittore britannico, di madre inglese e padre pakistano.

Sebbene in lingua originale il libro si chiami The Collected Stories, appare decisamente più azzeccata la scelta del titolo della versione italiana. Infatti è resa perfettamente l’idea-fulcro di tutte e otto le storie, ovvero il disgregamento delle certezze e dei modelli occidentali, giunti alla resa dei conti, dopo anni di imposizioni e falsi miti. Così, ideali quali la famiglia, le utopistiche mode della cultura hippie o il concetto di benessere vengono demoliti attraverso un linguaggio ironico e disincantato, proprio di un grande osservatore, come, infatti, Kureishi si dimostra essere.

È allora la quotidianità, scevra da illusioni, che prende il sopravvento negli otto racconti, lasciando nella bocca del lettore un retrogusto amaro, misto di consapevolezza e stordimento. I protagonisti, per lo più rappresentanti della borghesia intellettuale, vengono messi a nudo, svestiti delle loro certezze, abbandonati alle reciproche alienazioni, tanto da non riuscire più a riconoscersi tra loro. Si alternano, così, mariti e mogli in crisi relazionale, padri e figli persi in continui conflitti generazionali, amici perdutisi nel tempo che si ritrovano solo in punto di morte. E Kureishi non ci risparmia neppure una sorta di episodio splatter, con il racconto intitolato Matrimoni e Decapitazioni: attraverso un tono che oscilla tra il nevrotico e il disarmante l’autore riesce a descrivere un momento di vita quotidiana di due operatori video in un paese che potrebbe essere benissimo l’Iraq o l’Afghanistan; costoro, dal girare filmati di matrimoni si trovano, adesso, costretti a riprendere le esecuzioni che i boia diffonderanno poi  via web. Ed è curioso come l’autore riesca, per mezzo dell’ironia, a cambiare il punto di osservazione canonico, creando la giusta empatia con i proprio personaggi.

Sorprende, infine, la particolare omogeneità tanto delle tematiche quanto della tensione narrativa, pregio questo che raramente costituisce il punto di forza di una raccolta, come invece si rivela essere nel caso degli otto racconti.

Il declino dell’occidente è, dunque, un libro dal sapore forte e genuino, d’indiscutibile originalità, capace di coinvolgere anche il lettore più svogliato, il quale, c’è da scommetterci, difficilmente saprà divincolarsi dagli interrogativi e dalle riflessione che sorgeranno nella sua testa man mano che si impadronirà delle storie di Kureishi.

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