La luce della luna

di / 23 settembre 2011

«Non c’è più nessuno che desidera rimanere fermo abbastanza a lungo da ascoltare vecchie storie». Questo sostiene a un certo punto uno dei personaggi di La luce della luna. Ed è proprio invece questa una magnifica, struggente e vecchia storia da ascoltare (da leggere) possibilmente sorseggiando tè verde in posizione seiza.
La protagonista di questa vecchia storia giapponese si chiama Komayo. Rimasta vedova molto giovane, dalla campagna si trasferisce a Tokyo per tornare alla sua originaria attività di geisha. Qui, in un teatro, incontra Yoshioka con il quale aveva intrecciato una relazione molti anni prima. Contemporaneamente, nasce un amore con il famoso attore Segawa.
Ne consegue un intreccio drammatico e furioso, consumato però tutto nel silenzio composto di un mondo che noi occidentali possiamo solo intuire. Tutta la forza del libro si regge dunque sul carattere di Komayo: geisha bellissima, fragile, complessa. Ed è solo su di lei che si riaccenderà infine una fioca luce salvifica, che davvero sorprende e, in un certo modo sottile, commuove.
Per leggere questo romanzo, benché novecentesco ed emotivo, è necessario però simbolicamente togliersi le scarpe e salire piano su un ideale tatami. Avere rispetto per una cultura inafferrabile che si fonda su valori altri, qualche volta incomprensibili. Tolto questo velo, tutto poi diventa un viaggio nella mente della protagonista, nelle sue aspettative infrante, nel suo inesprimibile disagio: «Una notte di piacere sembra passare in un istante, ma un istante di dolore dura un’eternità».
Il dolore di Komayo tuttavia troverà un suo riscatto e a quel punto ci si sente vicini a lei e alle pieghe del suo kimono come se le distanze temporali e culturali non esistessero più. Anche grazie alla scrittura di Nagai Kafu che aiuta a leggere questa storia con la lentezza controllata e antica dei gesti orientali, ma perfettamente in contatto con la modernità e le controversie dell’animo umano. Sembra infatti che l’autore senta molto vicina la malinconia che affligge la sua protagonista: «Conosceva bene il lato solitario della sua natura, e quando non sapeva più che pesci prendere il suo primo impulso era cercarsi un nascondiglio, anche un ripostiglio, dove potersi fare un bel pianto da sola».
Komayo è così: in bilico tra il passato e un futuro incerto, troppo ingenua, totalmente femminile. Ma poi all’ultimo qualcosa cambia anche per lei.

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