“Il correttore” di Ricardo Menéndez Salmón

di / 20 marzo 2012

Tragedia, dolore, impotenza dell’essere umano e amore: gli ingredienti ci sono tutti, e tutti ben mescolati tra loro. Il risultato è buono, un libro piacevole e scorrevole ma mai superficiale e mai banale. Viene raccontata una giornata di Vladimir, una giornata particolare, intensa, distrutta emotivamente da una catastrofe, con una scrittura limpida, chiara, ma sicuramente accattivante e piena di riferimenti alla tradizione letteraria.

Siamo nella stanza di Vladimir, invasa dall’aria frizzantina di marzo e dal profumo del mare. Vladimir, ex scrittore e ora correttore di bozze molto bravo, dunque molto richiesto, è concentratissimo, alle prese con una nuova edizione dei Demoni di Dostoevskij. Dostoevskij è il suo autore preferito e adora la Russia: il padre l’ha chiamato così in omaggio alla rivoluzione d’ottobre.
Arriva, del tutto imprevista, la telefonata del suo editore che lo informa dell’attentato alla stazione Atocha di Madrid dell’11 marzo 2004. Da qui in poi tragedia pubblica e vita privata si intrecciano indissolubilmente in uno snocciolarsi di sensazioni che spaziano dalla rabbia iniziale alla consapevolezza dell’essere umano del non poter far nulla di fronte a tali drammatiche situazioni. Questo è il pensiero pieno d’angoscia di Vladimir (e dell’autore dunque), che vede una Spagna che si scopre fragile, che sta cambiando, in cui l’ottimismo degli anni ’80 inizia a mostrare le prime crepe.
Ci si rifugia nell’amore: Vladimir passa la giornata come in trance, cercando di riprendere il lavoro interrotto al mattino, non riuscendo però a ritrovare la concentrazione, godendo almeno della serenità del suo matrimonio, sua unica certezza, con la bella Zoe, restauratrice di opere d’arte. Per Salmón proprio quel gesto d’amore a redimere un uomo, qualsiasi uomo oltre a Vladimir, «da tutta la poesia del mondo, da tutte le grandi, belle, inutili parole che ci circondano».


Sullo schermo della televisione scorrono le immagini dei morti e dei feriti, di gente letteralmente sconvolta, insieme ai volti dei politici bugiardi con le loro false accuse: l’autore mostra esplicitamente la subdola manipolazione politica che operò il potere su questo attentato, anteponendo interessi di partito alla verità storica. Per questo anche il romanzo offre una duplice lettura: quella di una cronaca intima, personale e quella pubblica, politica. Ed effettivamente non ce n’è una dominante, le due letture si alternano sullo stesso piano.
Questa manipolazione del linguaggio della tragedia da parte dei politici lo induce a riflettere su quegli eventi a partire dai parallelismi con il romanzo che sta correggendo, testo che nella nostra cultura ha inaugurato una riflessione sul Male portato da altri uomini che sfidano Dio.
Risuonano nelle sue orecchie le parole di Aleksej Kirillov: «La paura è la maledizione dell’uomo».
E di tutti i periodi storici, questo nostro tempo è davvero dominato dalla paura: «…il nostro tempo ha fatto della paura il suo stendardo. Naviganti della galassia del sospetto, aridi, sfiduciati, pieni di rancore verso il prossimo, vaghiamo noi….»
La storia non è come un romanzo, non puoi cancellare gli errori. La verità della vita è molto complessa, anche Vladimir si trascina dietro un suo segreto verso Zoe e verso tutto il resto del mondo (un figlio lontano), e nel romanzo si intrecciano i dubbi sulla sua bugia con la menzogna del potere. Vladimir è nervoso, non capisce il senso di ciò che succede e il romanzo ne registra i pensieri e le variazioni con grande precisione intellettuale.
Mentre esplodono uno dopo l’altro i treni, fuori dalla finestra Vladimir vede il vicino innaffiare le piante. Un’assurda allegoria della tranquillità. Possibile continuare la vita di tutti i giorni? Possibile non essere travolti? Possibile, se la nostra vita, tutta intera, è una farsa.
«La nostra vita, tutta intera, dall’alba fino all’ora del lupo, è una grande menzogna, un’ombra, una farsa. Fëdor Dostoevskij lo sapeva. Albert Camus lo sapeva. John Maxwell Coetzee, che ha scritto sulla genesi dei Demoni, un racconto bellissimo, Il maestro di Pietroburgo, lo sa anche lui. Per abitare questa menzogna, per riconciliarci con quell’ombra e quella farsa, per conciliare tutto quel che sappiamo con tutto quel che possiamo sopportare di sapere, è per questo che esistono cose come la letteratura».


(Ricardo Menéndez Salmón, Il correttore, trad. di Claudia Tarolo, Marcos y Marcos, 2011, pp. 160, euro 14,50)

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