“Verrà il giorno” di Gabriela Adameşteanu

di / 9 ottobre 2012

«Chi è Letitia Branea?» 

Per ben due volte (tre volte nel corso della narrazione a scandire le tre parti del libro), la protagonista di Verrà il giorno, romanzo di formazione di Gabriela Adameşteanu, uscito nel 1975 in Romania ma pubblicato per la prima volta in Italia in versione non censurata solo ora da Cavallo di Ferro, sentirà riecheggiare nello stanzone della casa dello studente e rimbombare nelle proprie orecchie questa domanda.

La risposta non potrà che essere un naturale movimento verso il destino, perché è proprio quando il percorso sembra già segnato e procedere per una linea inesorabilmente rettilinea che cominciano a palesarsi in lontananza le prime curve.

Letitia è una ragazza che si sente diversa dalle sue compagne e animata dal bisogno di trovare una propria identità eppure allo stesso tempo rassegnata a lasciar trascorrere i giorni convinta «che niente di eccezionale le sarebbe capitato».

Alla monotonia di un’esistenza sempre uguale a se stessa, che la giovane sperimenta durante l’infanzia nel claustrofobico ambiente della cittadina rumena dove vive con una madre precocemente invecchiata e il malinconico e passivo zio Ion, costretti a dormire in tre in una stessa camera, Letitia cerca di sottrarsi nel timore di doversi aspettare in futuro «le stesse ore senza fine delle sere di provincia».

Il desiderio di evasione e la possibilità che si presenta di essere ammessa all’università di Bucarest si scontrano tuttavia con la paura. Siamo infatti negli anni ’60, agli albori della dittatura di Ceauşescu, un regime non meno vessatorio e censorio di quello staliniano. Il padre di Letitia è stato arrestato, forse è in prigione o forse ai lavori forzati. La madre però si è preventivamente separata proprio per non coinvolgere l’intera famiglia nella condanna.

C’è però lo zio Ion, dal quale la ragazza pensa di aver ereditato la tara di una vita inconcludente e priva di slanci, che da professore universitario si è ritrovato un bel giorno, per motivi che saranno spiegati in seguito, retrocesso a insegnante del liceo locale: «Nel corso di tutta la mia infanzia l’ho conosciuto così, compilava schede su cartoncini, al tavolo della sala da pranzo, li sistemava con cura in buste ingiallite, agitando meccanicamente il ginocchio e tirando boccate dalla sigaretta con aria assente».

Paralizzata di fronte all’ignoto totale del futuro e inchiodata da un passato di colpe famigliari, Letitia vive come un tempo sospeso fatto di giorni che precipitano velocemente come i piccoli e indistinguibili granelli di sabbia di una inesorabile clessidra. Un brivido sostanziato di sentimenti restii percorre tutta la sua giovinezza influenzandone anche l’educazione sentimentale, a partire dal rapporto con Petru Arcan, giovane intellettuale opportunista.

La scommessa sarà riuscire a vincere quella distanza dalla quale fino ad allora Letitia ha guardato il suo mondo. Solo così potrà ottenere quel riscatto che in qualche modo deve a se stessa e all’amato zio.

La prosa esatta e raffinata della Adameşteanu sostiene e dà geometria a una trama che si avvita su se stessa all’inizio, per poi proseguire su un binario lineare nell’ultima parte, trasformando le osservazioni di Letitia sulla sua vita e quella degli altri in un’attesa: «Per molto tempo avevo creduto che nella vita non mi sarebbe accaduto niente di straordinario, ogni giorno sembrava ripetersi sempre uguale, eppure molte cose erano successe».
 

(Gabriela Adameşteanu, Verrà il giorno, trad. di Celestina Fanella, Cavallo di Ferro, 2012, pp. 384, euro 18,00)

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