“Quattro soli a motore” di Nicola Pezzoli

di / 22 ottobre 2012

«Eravamo una famiglia in bianco e nero ma io, pecora colorata della famiglia, mi innamoravo di tutto ciò che dava tono e vivacità al mondo.»

Forse ecco perché Corradino la sera del 25 giugno 1978 tifa per le maglie arancioni dell’Olanda anziché per i «ladroni di casa» biancoazzurri nella finale della Coppa del Mondo nonostante l’italianità dei «vari Daniel Bretoni, Tarantini e Passarella».

Quattro soli a motore (Neo Edizioni) di Nicola Pezzoli è ambientato a Cuviago. Siamo nella Lombardia occidentale a ridosso delle Prealpi e non lontano dal Lago maggiore tra boschi fitti di querce, faggi, castani secolari, ontani neri, robinie e ampie distese di granturco, c’è la fattoria Stevanato, i nuovi padroni di questo «borgo di millesettecento anime abbastanza stronzolette». Percorrendo via del Campo Chiuso fino alla Cappelletta di San Michele Arcangelo «dagli occhi di bragia» si arriva a via Roccolo 2, la casa di Marilù del bosco dove in compagnia del signor Sandro si può vedere la tv a colori.

Corradino è un ragazzino undicenne, maltrattato dal padre da quando ha perso il lavoro, trascurato dalla madre alcolizzata e vilipeso dai bulli di paese che gli hanno affibbiato il soprannome di “Scrofa”. Ma anche di questo la colpa è di Corradino. Come lo è il fatto che i genitori litigano e che per un piccolo pretesto il suo «Videla domestico» lo prenda a cinghiate. Corradino è una spugna che assorbe tutte le cattiverie somatizzandole in tic, pipì a letto e pugni ai più deboli. La realtà della sofferenza è l’unica realtà certa. Capisce presto che le sue boccheggianti speranze sono destinata ad affogare perché nella vita, per motivi a volte insondabili, si finisce per soffrire maledettamente tantissimo. E Corradino questo lo capisce anche in amore, quando in un sol colpo perde la potenziale fidanzatina, Cristina, e il di lei fratello e migliore amico Gianni, aspirante scrittore di distopie fantascientifiche e compagno di avventure e giochi, costretti a trasferirsi «sul Veneto». Corradino ha una visione rigida della storia per cui ogni atto anche minimo ritiene che possa provocare enormi cambiamenti e una serie di reazioni a catena come se il mondo fosse abitato da tante palle da biliardo. Basta un gesto e la traiettoria della pallina muta e di conseguenza anche quella delle altre inevitabilmente.

È un mondo angosciante e pieno di responsabilità personale quello del piccolo protagonista che addirittura crede di essersi macchiato di omicidio per il solo fatto di aver scritto sul taccuino rosso di Wolsburg, rubato dalla soffitta della zia Clarissa, di desiderare la morte delle persone che maggiormente l’hanno fatto soffrire, zia Trude, la “capoprete” signorina De Ropp, il padre e Glauco, facendo quasi suo il grido del Giacomo di Ionesco: “O parole quanti crimini si commettono in vostro nome!”.
Corradino è convinto fermamente di avere perso l’innocenza da quando la nonna Corinna gli ha rivelato che la sua nascita è stata segnata da un «mistero doloroso».

Ma Cuviago cela un altro mistero che avvolge di leggenda la villa di Kestenholz abitata da un vecchio centenario che si sussurra abbia ucciso e poi mummificato o addirittura mangiato, novello conte Ugolino, i suoi tre figli durante la Grande Guerra. A questo punto, il romanzo di formazione, volendo, si fa anche noir.

Ma quando la narrativa affonda la propria ragion d’essere nelle ferite aperte del corpo e dell’anima, come fa Pezzoli in Quattro soli a motore, il risultato non può che essere una storia dotata di una forte carica emotiva con sfumature tragiche e comiche insieme.


(Nicola Pezzoli, Quattro soli a motore, Neo Edizioni, 2012, pp. 304, euro 15)
 

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