A tu per tu con Jonathan Morali, leader dei Syd matters

di / 30 novembre 2012

I Syd matters, francesi, sono attivi dal 2001 e hanno quattro album sulle spalle. Poco conosciuti in Italia, meriterebbero una diffusione molto più ampia. Per saperne di più, iniziate ascoltando “I Might Float”, non c’è bisogno di aggiungere altro.

A Cagliari, questa estate, ho incontrato casualmente Jonathan Morali, il cantante, che ringrazio ancora per la disponibilità. Dopo uno scambio di e-mail, ho deciso di fargli qualche domanda per Flanerí.

Prima di tutto, Jonathan, una curiosità: è la tua prima intervista per una rivista italiana? Sarebbe un grandissimo onore per noi!

Sì, se la memoria non m’inganna, è la mia prima intervista italiana. È un onore per me.


Una domanda che ti avranno fatto tantissime volte: cosa significa Syd matters?

Syd matters è un riferimento a Syd Barret, il primo cantante dei Pink Floyd. Lo ascoltavo molto quando iniziai a pensare al nome del mio progetto. «Syd matters» significa «Syd è importante». Registrò pochi singoli e un solo album con i Pink Floyd, ma la sua influenza è riscontrabile lungo tutta la carriera della band.


Sono passati due anni dal vostro ultimo album, Brotherocean, e un tour mondiale: com’è andata?

Il tour di Brotherocean è stato il più lungo di tutti. Abbiamo iniziato pochi mesi prima dell’uscita dell’album e ci siamo fermati solo lo scorso marzo. Due anni in giro per il mondo. È stato fantastico, ma anche un po’ stancante.


Dopo Brotherocean, quale direzione prenderanno i Syd matters?

Sento il bisogno di esercitarmi di più, per essere un musicista e un compositore migliore. Forse è arrivato il momento di prendere qualche lezione… Sono un autodidatta: la cosa è divertente, ma ha anche i suoi limiti. Ora come ora penso di dover migliorare ancora prima di rimettermi a comporre.


Cos’è cambiato da A Whisper and a Sigh a Brotherocean?

Penso che la mia idea di musica non sia cambiata. È come se avessi provato a scrivere la stessa canzone per dieci anni. Una frase che ho provato a pronunciare correttamente per tanti anni. Molti musicisti hanno bisogno di cambiare stili e modi di cantare per esprimersi… altri scavano a fondo in un’unica idea. Io scelgo la seconda.


Le canzoni dei Syd matters sono complesse, sia nelle armonie sia nelle strutture: esistono dei limiti nella musica pop?

Ciò che definisce la musica pop è che non ci sono regole. È musica per amatori, per non specialisti. Teoricamente puoi fare quello che vuoi, purché sia accessibile. Se a volte è complessa nelle strutture e nelle armonie, ottimo, ha qualcosa in più, ma deve rimanere fluida e semplice da ascoltare.


Scrivere in inglese: scelta o necessità?

Non sono mai stato estroverso, quindi per me è sempre stato impossibile cantare nella mia lingua. Sono troppo timido per farlo. Cantare in inglese mi permette di dire quello che non riuscirei a dire direttamente in francese.


È difficile per un artista francese, che scrive nella sua lingua, essere notato dalle etichette discografiche?

Sì, è difficile, ma è ancor più difficile per un artista francese che canta in inglese! Ora va meglio, ma quando ho iniziato, molti critici dicevano: «Sì, non è male, ma perché canta in inglese? Non scriveremo nulla su di lui fino a che non scriverà in francese…»


Qual è la situazione della musica alternative/pop francese? Ci suggerisci qualche gruppo?

Ok, sono miei amici quindi non sono molto oggettivo ma… H-Burns e Shore Billy sono pazzeschi, Thousand è il migliore, e Bertrand Belin è il mio cantante preferito in lingua francese.


Avete suonato in Italia una volta, a Venezia, nel 2009. Com’è stato?

Abbiamo suonato durante la Biennale. È stato uno dei momenti più divertenti e strani della breve storia dei Syd matters. Suonavamo delle versioni “hippie” delle canzoni che poi avrebbero fatto parte di Brotherocean, eravamo tutti vestiti di bianco con due ballerini nudi che ci ballavano attorno… è stata dura rimanere concentrati. Ci siamo divertiti molto.


Grazie mille, Jonathan, à bientôt!

 

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