“Nulla, solo la notte” di John Williams

di / 6 marzo 2014

«Con la mente e la memoria, riusciva a tornare indietro nel tempo; lì dove il tempo era perduto, ora poteva indugiare – solo per un istante, ma un istante rubato per miracolo al presente. Dove nel tempo? C’era un momento che riusciva a ricordare. Certe volte, nel sonno, quel momento ritornava pian piano, affiorando dal buio con passi silenziosi e furtivi, e ritornando oscurava l’altra parte di lui. E in quest’altra parte, quella addormentata, irrompeva un’onda di calore dorata, trasportandolo in un sogno che, nell’irrealtà di quella condizione, gli sembrava verissimo. “Ecco qual è il momento più bello della vita”, pensò, “il tempo perduto. Il tempo dell’estate, quando le foglie degli alberi s’intrecciano nella luce iridescente del sole”. Pensava sempre alla sua infanzia come a una lunga estate ininterrotta».

John E. Williams partì volontario per la guerra nel 1942 e trascorse due anni e mezzo fra Birmania e India partecipando a dodici missioni aeree. Durante una di queste, il C-47 su cui era in volo fu colpito mentre si trovava sopra le montagne della Birmania. Degli otto membri dell’equipaggio solo altri due, oltre Williams, sopravvissero. La guerra, come affermò sua moglie, non lo lasciò mai più. Lo scrittore, infatti, visse per anni con la sindrome del sopravvissuto continuando a sentirsi in colpa e ad avere incubi.

Il suo primo romanzo, Nulla, solo la notte (Fazi, 2014) vide la luce proprio nelle lunghe ore di attesa fra una missione e l’altra. Tornato in patria Williams propose il suo manoscritto ad alcuni editori di New York che però non lo ritennero adatto alla pubblicazione. La svolta ci fu quando Alan Swallow, che aveva fondato a Denver una piccola casa editrice per scoprire nuovi scrittori, arrivò in possesso dell’opera. Il libro fu pubblicato nel 1948 ma non ebbe il successo sperato. Anni dopo la stessa sorte sarebbe toccata anche a Butcher’s Crossing e a Stoner. Williams morì di enfisema nel 1994 a 72 anni, dopo aver vissuto un’esistenza semplice, lontana dalle luci della ribalta, apprezzato perlopiù da un numero ristretto di critici e scrittori, stupiti di come la sua intera opera non avesse avuto, nel corso del tempo, il meritato successo. Poi improvvisamente, nel 2006, la (ri)scoperta sia in patria che in Europa; dopo una ristampa di Stoner priva di grosse aspettative, la New York Review of Books dedica infatti unarticolo all’opera,ritenuta un romanzo perfetto e magnificando la prosa di Williams, definita cristallina, semplice ed essenziale, eppure al tempo stesso, emozionante e bellissima. In Italia Stoner è stato pubblicato dalla Fazi nel 2012, con l’ottima traduzione di Stefano Tummolini e, anche nel nostro Paese, diviene nel giro di pochi mesi un caso editoriale. Anzi, è proprio il successo italiano a fare da catalizzatore per altre edizioni europee – basti pensare che in Inghilterra il libro viene dato alle stampe con la copertina scelta proprio dalla Fazi, che nel frattempo, visto il successo ottenuto, ha creato un blog in cui i lettori possono pubblicare le loro recensioni e trovare interessanti materiali di approfondimento.

Romanzo breve, eppure denso di lirismo, Nulla, solo la notte, è comparso in Italia per la prima volta in questi giorni, pubblicato dalla casa editrice romana, sempre con la traduzione di Stefano Tummolini. Scritto quando l’autore aveva appena vent’anni, narra le vicende di Arthur Maxley, un giovane dandy californiano annoiato e apatico che per certi versi ricorda l’Holden Caulfield di Salinger. Le vicende si svolgono tutte in una giornata, caratterizzata dagli incontri del protagonista prima con un amico desideroso di acquistare una macchina tipografica per stampare poesie, quindi dalla cena con il padre, un uomo spesso lontano per lavoro e con il quale i rapporti sono freddi da molto tempo e, infine, dall’approccio con una donna in un locale notturno. C’è un filo conduttore che lega tutte le vicende narrate e forse non a caso è lo stesso che possiamo rintracciare nell’intera produzione letteraria di Williams: la solitudine. Nulla, solo la notte è, in fondo, un romanzo sull’incomunicabilità e sulla distanza fra le persone: «Una figura solitaria, nella distesa immutabile del deserto, appare meno isolata di un uomo che si perde nell’infinità di una città affollata. Chi è solo nel deserto resta comunque consapevole del proprio peso, per quanto minimo, e della relazione che mantiene con lo spazio circostante. Ma chi è isolato in mezzo a uno sciame di gente, perde coscienza di se stesso come individuo». Senza Nulla, solo la notte molto probabilmente non avremmo avuto néStoner, né Butcher’s Crossing. La solituidne di Arthur è, in fondo, la stessa di William Stonere di William Andrews. E, molto probabilmente, anche di John E. Williams. Un John E. Williams che lontano da casa, in un paese straniero, sotto i colpi del nemico, ripensa alla sua infanzia, a quando tutta la sua vita sembrava una lunga e ininterrotta estate.


(John Williams, Nulla, solo la notte, trad. di Stefano Tummolini, Fazi, 2014, pp. 144, euro 13,50)

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