“Karoo” di Steve Tesich

di / 25 giugno 2014

Steve Tesich è stato uno dei più importanti sceneggiatori statunitensi negli anni Ottanta e Novanta; lo stesso mestiere è quello che ha affidato a Saul Karoo, il protagonista di un suo brillante romanzo, pubblicato per la prima volta postumo nel 1998, Karoo appunto (Adelphi, 2014).

Tuttavia, a differenza del suo autore, Saul Karoo, benché più volte stimolato, non è mai riuscito a scrivere niente di suo pugno; la caratteristica principale del suo lavoro è infatti quella di sistemare sceneggiature altrui, di tagliarle o integrarle, di sconvolgerle totalmente o aggiustarle nei punti salienti. E questa modalità professionale pare riflettersi anche sulla sua vita privata: Saul è drammaticamente incapace di vivere la sua vita in prima persona. È un uomo incapace di rimanere solo nella stessa stanza col figlio, di interagire con l’ex moglie e con chiunque altro senza stordirsi di alcol; non riesce a guardare la madre, a rifiutare incarichi che non vuole e di cui non ha bisogno. Saul Karoo non riesce a mostrarsi per l’uomo che è, può solo assecondare l’immagine, spesso impietosa, che gli altri gli hanno cucito addosso.

A dare l’avvio al romanzo è una serie di lievi trasformazioni che sconvolgono la vita del protagonista facendo affiorare in lui un crescente senso di colpa che cova da tempo nel profondo: l’incapacità di ubriacarsi, la revoca dell’assicurazione sanitaria, la perdita dei vecchi abiti del defunto padre. Questi piccoli mutamenti del quotidiano innescano reazioni tragicomiche, portano Saul a una maggiore coscienza di sé e segnano l’inizio di una nuova, finalmente felice, fase della sua esistenza. Eppure gli eventi continuano a sopraffarlo senza che lui riesca ad averne pienamente il controllo, tanto che anche il lettore è in grado di prevedere i nuovi risvolti della sua vita prima che lui stesso possa avvedersene.

L’autore riesce mirabilmente a giocare con questi due piani narrativi, rendendo il lettore una sorta di osservatore a grado zero, ma senza diventare mai didascalico. Gli eventi scorrono come un liquido tra le pagine del libro, o meglio, come i fotogrammi di un bel film, di cui si intuisce il procedere della trama. Ma il finale, quello no, non si intuisce, ed è una sensazione eccezionale venirne sorpresi dopo aver avuto più controllo del protagonista sul suo stesso vissuto.

La storia poi si bilancia e si compone di situazioni acutamente ironiche e di eventi drammatici, che vengono trattati con la stessa leggerezza, con la stessa grazia e senza alcun giudizio dalla penna di Tesich. Una penna fantastica che sa usare e piegare le tecniche narrative letterarie per una fruizione cinematografica del romanzo; un esempio su tutti i flashback che raccontano il passato del protagonista mostrandolo senza spiegarlo, aggrappandosi ad oggetti e immagini.

È proprio un bel viaggio quello che si intraprende con la lettura di Karoo: sui binari di una trama – che non ho voluto descrivere – ricca e dinamica, sotto cui scorre, nascosto in bella vista, un approfondimento sulla natura umana senza inibizioni, senza paura e senza difficoltà.

(Steve Tesich, Karoo, trad. di Milena Zemira Ciccimarra, Adelphi, 2014, pp. 459, euro 20)

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