“I nostri ragazzi” di Ivano De Matteo

di / 9 settembre 2014

Una macchina taglia la strada a un’altra, gli autisti litigano mentre un bambino passeggero prega il padre tra le lacrime di paura di lasciar perdere il torto subito. C’è un inseguimento e insulti ai semafori finché l’auto con il bambino raggiunge l’altra e il padre scende con una mazza a minacciare il suo rivale ignoto. Parte un colpo di pistola, uno solo, che infrange il finestrino, colpisce il padre e lo trapassa e arriva al collo del bambino, rimasto seduto in macchina.

È l’inizio di forte impatto di I nostri ragazzi di Ivano De Matteo, presentato alle Giornate degli autori dell’ultima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e premiato con il Label Europa Cinemas. È il bambino ferito il primo elemento inserito per evidenziare le differenze enormi che esistono tra i due protagonisti, due fratelli che oltre al cognome condividono ben poco. Perché Paolo, chirurgo pediatrico riflessivo e idealista, cerca con tutto il suo impegno di far tornare a camminare il ragazzino, mentre il fratello Massimo, avvocato di successo e di scarse considerazioni etiche, difende l’uomo che ha sparato, un giovane poliziotto in preda al panico. Non è solo Stefano, il bambino ferito, a segnare la distanza tra i due fratelli. È la vita che hanno scelto per loro e le loro famiglie, sono i loro interessi, le loro abitudini. Non hanno niente in comune, se non l’amicizia dei figli adolescenti Michele e Benedetta, e l’abitudine, radicata nel tempo e portata avanti da Massimo, di vedersi una volta al mese a cena, sempre nello stesso ristorante di lusso, allo stesso tavolo, per una rappresentazione borghese di un’ideale di famiglia. Sarà un sospetto feroce e orribile precipitato sui figli a spingere i due fratelli a uscire dallo stallo della reciproca indifferenza per trovare una definitiva soluzione.

Dopo l’esordio alla regia nel 2002 con Ultimo Stadio, Ivano De Matteo (anche attore, è stato Er Puma nella serie Romanzo Criminale) ha osservato e analizzato in modi e gradi diversi l’identità dei nuclei familiari italiani, salendo e scendendo la scala sociale per dedurre l’elemento umano comune al manifestarsi di un’anomalia capace di turbare equilibri stabiliti. Con La bella gente prima e Gli equilibristi poi, De Matteo, sempre partendo dalle sceneggiature della scrittrice Valentina Ferlan, era partito da una variabile esterna (la giovane prostituta nel primo caso, il tradimento nel secondo) che inserita all’interno di un sistema in equilibrio finiva per distruggerlo. I nostri ragazzi, che parte dal romanzo La cena di Herman Koch, muta le premesse abituali trovando l’elemento deviante non più all’esterno ma all’interno della famiglia. Sono Michele e Benedetta che fanno crollare il castello di certezze di Paolo e Massimo e delle loro mogli, sono i figli, l’appendice più personale dell’essere umano, a mettere in discussione ogni livello di abitudine, di credenze, di consapevolezze, ponendo di fronte alla drammatica scoperta di non conoscere affatto chi si è messo al mondo, alla realizzazione atroce che le creature che si credono innocenti e fragili sono capaci del male inutile, senza motivo, della violenza fine a se stessa.

Con I nostri ragazzi siamo, in una forma diversa, dalle parti di Il capitale umano di Virzì per gli scandali dei figli e le vite dei padri e delle madri che si intrecciano nel tentativo di capire e difendere lo status quo familiare. De Matteo affonda il suo sguardo più a fondo nel ventre molle della famiglia, pone i suoi protagonisti non di fronte all’incidente ma alla volontà criminale e li lascia a gestirne le conseguenze raschiando il fondo della coscienza borghese per osservarne le reazioni. Senza l’ironia feroce del Carnage di Polanski, e spingendo la portata del dramma a un livello molto più alto, il film di De Matteo costringe i padri a sedersi al tavolo e rispondere delle colpe dei figli, fino al crollo del velo della convenzione sociale. C’è un livello ulteriore che guarda allo sbando di generazioni desensibilizzate al male, capaci di tutto senza provare niente, avidamente alla ricerca di una riconoscimento, di un’identità, di una sensazione.

Strutturato attorno a due delle cene che uniscono mensilmente Paolo e Massimo, I nostri ragazzi finisce per ribaltare le premesse morali su cui si strutturano le due famiglie sottolinenando come ideale e realtà, teoria e pratica, sono in grado di spingere le certezze in direzioni opposte. Pur non riuscendo pienamente a mantenere la tensione drammatica, Ivano De Matteo si conferma, a due anni di distanza da Gli equilibristi, come autore consapevole delle proprie capacità registiche e in possesso di una specifica idea di cinema.

Funziona il cast con i quattro interpreti principali (Luigi Lo Cascio, Alessandro Gassmann, Barbora Bobulova e Giovanna Mezzogiorno) perfettamente in parte e un ottimo lavoro dei due giovani interpreti Jacopo Olmo Antinori (già in Io e te di Bertolucci) e Rosabell Laurenti Sellers (che sarà anche nella prossima stagione di Il trono di spade).

(I nostri ragazzi, di Ivano De Matteo, 2014, drammatico, 92’)

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