“I diabolici”
di Pierre Boileau e Thomas Narcejac
di Livio Santoro / 2 dicembre 2014
Il binomio Boileau-Narcejac, fecondo sodalizio che stimola il desiderio e la passione di chiunque abbia a cuore la letteratura francese e il noir, ha prodotto nel tempo molti volumi narrativi che Adelphi, a partire da oggi, ha intenzione di proporre al lettore italiano, che della coppia ha conosciuto in traduzione due dei suoi libri più classici: La donna che visse due volte e I vedovi, usciti entrambi per Sellerio. Il primo testo pubblicato in quest’ordine di idee è il romanzo intitolato I diabolici (Adelphi, 2014), originariamente dato alle stampe in Francia nel 1952. Romanzo piuttosto febbrile, la cui trama crescente e incapace di pause riesce a fondere le atmosfere ombrose proprie appunto del noir con la vertigine continua che definisce la strutturazione del thriller, I diabolici non si risparmia tuttavia gustosissime incursioni (che potremmo forse definire in maniera naif “metodologiche”, cioè inerenti la pratica della scrittura) nelle regioni dense del fantastico, facendo sì che il reale le oltrepassi e coniugando così la dimensione del perturbante in una storia molto mondana di per sé già abbastanza sgomentevole: un triangolo, in sostanza, in cui ci sono un “lui”, “due lei”, e soltanto un cadavere fatto di carne (marcia) e ossa.
Come da tradizione delle lettere francesi, I diabolici affronta il tema del Male, quello maiuscolo, come si direbbe senza starci troppo a pensare, ossia quello che esattamente nelle lettere francesi fu sondato anche da un nome come Jean Genet con le sue Serve, per esempio. Un Male che nella fattispecie alloggia nel luogo più sicuro, nella tana più appartata della nostra vita di stolidi occidentali: la casa, la famiglia, la coppia; una coppia che, almeno nel mondo in cui si svolge I diabolici, è il nucleo più intimo, l’elemento attorno al quale si strutturano gli altri due. È infatti proprio l’ambiente domestico, luogo fisico e morale, comunque fuggevole, che contempla le relazioni e gli amori e odi più profondi, a fare spesso da scenario a storie come questa, storie di truci ammazzamenti più o meno ben riusciti, più o meno fasulli, che ristabiliscono giocoforza le linee di un menage domestico attraverso un terribile atto di rottura, storie che problematizzano il solito incedere quotidiano della nostra debole esistenza (incedere piuttosto problematico, direbbero alcuni) che anche noialtri, lettori e non, esperiamo giorno dopo giorno al chiuso delle nostre dimore ordinate.
Ma essenzialmente I diabolici potrebbe essere anche altro, perché nessun libro che sia tale è soltanto una storia. Potrebbe apparire cioè come un bellissimo racconto d’amore fatto di inganni numerosi, di strategie lunghe ed elaborate atte a coronare l’amore stesso e di serrate peripezie. Un racconto fatto di lotte intraprese contro l’ordine costituito della cose da chi cerca di rifuggire il quotidiano fatto di ruoli e di competenze, da chi cerca di ristabilire le gerarchie dei generi, di un sistema produttivo e di un conseguente modo di vivere il mondo. Un amore che trascina chi lo esperisce nella ribellione, detto in altri termini. Spesso è infatti proprio nelle spire dell’amore che in letteratura ci si ribella ai legacci borghesi della coppia, della famiglia come dovrebbe essere e come in effetti è. E spesso è esattamente la donna a farsi tramite di tale ribellione, così come accade ne I diabolici: una donna vessata in terra ma ribelle sulle pagine. Allora, in casi simili, agire attraverso il Male, o farsi semplicemente sfiorare da esso, è forse la soluzione più adeguata per chi voglia fuggire da un ordine delle cose troppo stretto, poiché è soltanto grazie al Male, alla sua bellezza nient’affatto posticcia, che è possibile vedere le cose in altro modo. D’altronde il Male qualcuno l’avrà pur inventato, forse proprio chi ha inventato la coppia, questo non possiamo dirlo. Ma all’atto della sua creazione, chi l’ha inventato ha forse sottovalutato la possibilità che il Male stesso potesse rivoltarglisi contro.
Per quanto a motivare un delitto ci siano i soldi, la vendetta o la rivalsa, il dato sotterraneo è sempre quello: il Male, il gusto che dà praticarlo, un gusto sopraffino se diretto dall’innamoramento, oppure se indirizzato soltanto al capovolgimento di schemi millenari tesi al disciplinamento; un gusto che si ritrova, per noi lettori che invece amiamo docili, e che forse ci siamo stancati di farlo, nella lettura di libri come I diabolici.
(Pierre Boileau, Thomas Narcejac, I diabolici, trad. di Federica Di Lella e Giuseppe Girimonti Greco, Adelphi, 2014, pp. 173, euro 16)
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