“Correzione di bozze in Alta Provenza”
di Julio Cortázar

di / 11 novembre 2015

Capita spesso di chiedersi come continua una storia quando si volta l’ultima pagina del libro, cosa ne è di quelle vite quando non possiamo più leggerle. Il distacco si fa ancora più faticoso nel caso dell’autore che di quelle creature è il padre putativo e delle cui vicende è il primo lettore.

L’ultimo giro di bozza equivale dunque al taglio del cordone ombelicale che per mesi se non per anni ha tenuto legati, in un rapporto quasi simbiotico, gli scrittori con i propri personaggi.

Correzione di bozze in Alta Provenza di Julio Cortázar (SUR, 2015), lungi dall’essere un mero gioco metaletterario, è il racconto dettagliato, ricco di umori e gesti quotidiani, delle «esitazioni di romanziere nel momento decisivo in cui ci si deve distaccare per sempre da un originale» (Juan Villoro nella Prefazione).

L’opera in questione è il Libro de Manuel, forse il romanzo più politico di Cortázar, mai tradotto in italiano e questo pamphlet vuole essere «il diario di una routine da scrittore, ma vorrebbe anche essere altro, un raffronto di ciò che succede mentre si lavora».

Lo scrittore argentino, naturalizzato francese ma nato in Belgio, ci introduce nel suo laboratorio narrativo, non il classico studiolo disadorno e colmo di libri con scrivania, bensì un rifugio mobile, da cui osservare l’esterno, che ha le fattezze di un furgoncino rosso Volkswagen, il «drago» da lui soprannominato Fafner, il wagneriano guardiano del tesoro dei Nibelunghi, «che mi ha ispirato una simpatia segreta sebbene fosse solo per il fatto che era condotto a morire per mano di Sigfrido».

Se il mondo è diviso da Cortázar fra «coloro che leggono perché vivono» e «coloro che vivono perché leggono» ed essendo assai preferibile rientrare nel primo gruppo, assistiamo a uno sdoppiamento ontologico e temporale del personaggio Cortázar: da una parte c’è l’autore del Libro de Manuel che appartiene a un io del recente passato; dall’altra c’è lo scrittore che hic et nunc si appresta a dare gli ultimi ritocchi alla sua opera e che contemporaneamente vive immerso nell’attualità che rimbomba nella sua solitudine volontaria veicolata dalle voci alla radio o di amici e dai giornali.

Questo «Robinson deliberato, autonaufrago per i boschi e sulle rive di un fiume», il Rodano, sempre immerso in un assoluto straniamento, si sente infatti «poroso» rispetto alla realtà che lo circonda. In una sorta di osmosi, fatti reali e inventati si confondono e si compenetrano.

Siamo nel settembre del 1972 e dai giochi Olimpici di Monaco rimbalzano notizie di attentati terroristici e il Libro de Manuel parla proprio del clima di violenza repressiva in Argentina sotto il governo dei militari guidato da Videla, che aveva fatto della tortura arma sistematica di potere a partire dal 1970. Cortázar ne scrive pur essendo emigrato a Parigi e fa ruotare la storia intorno a eventi che lui non ha vissuto direttamente ma di cui ha sentito parlare da conoscenti e carta stampata: «qui dentro Fafner c’era gente che reclamava la liberazione dei prigionieri politici latinoamericani in cambio del Vip [n.d.r. personaggio a capo dei meccanismi repressivi dei commando militari rioplatesi], mentre la radio francese passava ogni cinque minuti da Frank Sinatra a Monaco, da Juliette Greco ai fedayìn, da Cannoball Adderley agli ostaggi israeliani».

Correzione di bozze è anche un viaggio nella psiche di un autore nel momento in cui si deve arrendere alla irrevocabilità del testo stampato: «mai come in quel momento, mentre lavoravo alle bozze, mi ha colto una penosa sensazione di distanza perché Marcos e Susana erano lontani da me».

Il lettore avverte una tessitura di meditazioni e stati mentali.

Per chi volesse ripercorrere dall’interno, in compagnia dell’autore, le diverse vicende biografiche e letterarie di Cortázar, Correzione di bozze in Alta Provenza, nell’ottima traduzione di Giulia Zavagna, è una necessità e un piacere.

(Julio Cortázar, Correzione di bozze in Alta Provenza, trad. di Giulia Zavagna, edizioni SUR, 2015, pp. 57, euro 7)

 

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LA CRITICA

Un libro come quello di Cortázar, Correzione di bozze in Alta Provenza, non è facile da riassumere e recensire. È comunque un libro indispensabile ai critici ma soprattutto a chi sente la forza di attrazione della letteratura sudamericana.

VOTO

7/10

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